Contabilità

Concordato, bocciati i documenti contabili elaborati ad hoc

di Aldo Angelo Dolmetta

Non è ammissibile la domanda di concordato presentata da un imprenditore individuale non tenuto alla redazione dei bilanci ma che non ha depositato né le scritture contabili né le dichiarazioni dei redditi del triennio precedente.I bilanci elaborati ad hoc non sono attendibili, non potendosi verificare la «conformità» alla documentazione d’impresa. Lo ha chiarito il tribunale di Novara con un decreto del 24 ottobre scorso.

La documentazione d’impresa, i suoi bilanci in specie, hanno grande importanza nell’avvio delle procedure concorsuali. Per questo la legge fallimentare dispone il deposito di bilanci e di situazioni patrimoniali ed economiche aggiornate, in sede di istruttoria prefallimentare e di domanda di concordato preventivo.

Il decreto del Tribunale di Novara esamina più punti di questa importante materia: dichiara inammissibile la domanda non corredata dal deposito delle scritture contabili e delle dichiarazioni dei redditi del triennio precedente; ritiene non attendibili i bilanci elaborati ad hoc poiché non si può verificarne la «conformità» alla documentazione d’impresa. E, in relazione a un creditore ipotecario non inserito nell’ elenco ed emerso nel ricorso che non riguardava l’impresa, chiarisce che, posta l’unicità del patrimonio, per l’imprenditore individuale non può «distinguersi tra debiti personali e debiti contratti per l’impresa».

È bene, prima di tutto, dissipare un frequente equivoco. L’imprenditore individuale è esonerato solo del bilancio fiscale, non anche dalla redazione di quello civile che rientra, per legge, tra le comuni scritture contabili obbligatorie.

Non è discutibile, poi, che la funzione del bilancio sia proprio quella di mostrare la situazione patrimoniale e finanziaria di un’impresa . Ma se, questo, lo rende mezzo privilegiato per il check d’ingresso alla procedura, non lo trasforma però nell’unico, imprescindibile strumento utilizzabile. A contare è la sostanza, il risultato della rappresentazione storica dei fatti e dati economici dell’impresa. Qualunque documento può quindi risultare utile: a cominciare proprio da quelli che, insieme coi bilanci, formano l’apparato contabile dell’impresa: libro giornale, dichiarazioni dei redditi, corrispondenza di impresa, documentazione dei rapporti bancari e così via (si veda Cassazione, 11 marzo 2019).

Il punto è, piuttosto, quello del controllo di attendibilità della documentazione (bilanci di esercizio compresi). Controllo, in sé fondamentale, che è difficile ipotizzare se non in termini di controllo contabile incrociato (come rilevato dal decreto novarese) sulle carte disponibili e/o da parte di periti indipendenti.

Più particolare l’ultimo dei problemi affrontati dal decreto: la sorte contabile del debito contratto dall’impresa per un’esigenza personale, non d’impresa. La necessità di tenere conto anche di un simile debito è fuori discussione (tanto più se si tratta di debito assistito da ipoteca). Peraltro, la tesi del Tribunale della piena equiparazione del debito esterno a quello interno all’impresa potrebbe sembrare un po’ troppo rigida: anche se, per vero, trova conforto nell’articolo 2217 del Codice civile, per cui il bilancio di esercizio deve contenere indicazione e valutazione delle passività estranee all’impresa non diverse da quelle dedicate alle passività inerenti.

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