Diritto

Concordato in continuità, omologa anche con dissensi

Cambiano i criteri di determinazionedelle maggioranze. Maggiore distinzionetra procedura in continuità e quella liquidatoria

di Giulio Andreani

L’articolo 112 del Codice della crisi modifica le regole che disciplinano la omologazione del concordato preventivo, differenziandole a seconda che la procedura sia in continuità aziendale o meno.

Le verifiche che in ogni caso il tribunale deve compiere hanno a oggetto:

1) la regolarità della procedura, che comprende il controllo della sussistenza di eventuali atti in frode non segnalati;

2) l’ammissibilità della proposta, la quale attiene anche all’esame della fattibilità giuridica del concordato e quindi alla insussistenza di violazioni di norme imperative, quali ad esempio quelle concernenti la violazione della legittime cause di prelazione;

3) l’esito della votazione;

4) la corretta formazione delle classi in considerazione della omogeneità dei crediti;

5) la parità di trattamento all’interno di ciascuna classe.

Quanto all’esito della votazione, va ricordato che a norma dell’articolo 109 del Codice il concordato senza continuità aziendale è approvato con il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e, ove siano previste classi di creditori, se tale maggioranza è raggiunta anche nel maggior numero delle classi.

Il concordato in continuità, invece, è approvato se tutte le classi votano a favore (in ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto) oppure, in mancanza di tale adesione, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti di cui sono titolari i creditori votanti, purché abbiano espresso il loro voto i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe (assumendo pari a 10 il numero dei creditori che compongono una classe e 100 l’importo dei loro crediti, il voto si intende favorevole se la proposta è stata approvata da creditori che rappresentano crediti per un valore superiore a 50 oppure, in mancanza del raggiungimento di tale soglia, se, in presenza di voti pari, ad esempio, al 60% del totale dei crediti della classe, hanno votato favorevolmente creditori che rappresentano un valore superiore a 40).

Nel concordato in continuità, il tribunale, oltre a compiere le verifiche comuni sopra indicate (da 1 a 5), deve quindi accertare che tutte le classi abbiano votato favorevolmente; tuttavia, anche ove una o più classi siano dissenzienti, omologa comunque il concordato se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

O il valore di liquidazione è distribuito ai creditori nel rispetto della graduazione prevista dalle cause legittime di prelazione;

O il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fatto salvo soddisfacimento dei lavoratori dipendenti fino a capienza dell’attivo;

O nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito;

la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata dai creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza di ciò, la proposta è approvata da creditori che sarebbero soddisfatti almeno parzialmente rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Relativamente al valore che eccede quello di liquidazione il Codice sposa quindi - e si tratta di una novità tanto rilevante quanto opportuna - la cosiddetta regola della priorità relativa (sancita nel comma 6 dell’articolo 84), secondo cui un creditore può essere pagato anche se quello di rango anteriore non è stato soddisfatto integralmente, purché questo venga trattato meglio di quelli di rango inferiore.

Nel concordato senza continuità aziendale, invece, oltre a compiere le verifiche comuni sopra indicate, il tribunale deve verificare, più semplicemente, la fattibilità economica del piano, intesa come non manifesta inattitudine dello stesso a raggiungere gli obiettivi in esso previsti, con particolare riguardo alla capacità di produzione dei flussi finanziari necessari per provvedere al soddisfacimento offerto ai creditori e ai tempi di adempimento della proposta.

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