Contabilità

Conferimenti plurimi, no al realizzo controllato

L’agenzia delle Entrate con l’interpello 309 ribadisce quanto già affermato in una risposta di luglio

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di Michela Folli e Marco Piazza

L’agenzia delle Entrate, con la risposta 309 del 2020, ribadisce quanto del resto già affermato nella risposta 229 dello scorso luglio (si veda Nt plus Fisco): il nuovo regime di conferimento in «realizzo controllato» - introdotto dal decreto Crescita nell’articolo 177, comma 2-bis del Testo unico – non si può applicare ai conferimenti plurimi, perché la conferitaria, a seguito dell’operazione, deve essere una società esistente o di nuova costituzione interamente partecipata dal conferente.

Il comma 2-bis estende il regime del «realizzo controllato» ai casi in cui, pur non integrando la società conferitaria il controllo della società conferita, riceva una partecipazione qualificata.

La partecipazione è qualificata se rappresenta, complessivamente, una percentuale di diritti di voto in assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20%, ovvero una partecipazione al capitale superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti o meno di partecipazione negoziata in mercati regolamentati, tenendo conto – nel caso in cui l’oggetto del conferimento sia la partecipazione in una holding – della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.

La risposta conferma l’obiettivo della norma, che è di favorire operazioni di riorganizzazione o ricambio generazionale, consentendo di convertire una partecipazione qualificata (ma non di controllo) diretta in una partecipazione totalitaria nella holding, anche in situazioni che resterebbero altrimenti escluse per la insufficiente misura della partecipazione conferita. Lo scopo è quindi meramente riorganizzativo.

Tuttavia, la norma contiene, come si è visto, un limite molto stringente: la holding deve essere unipersonale e riconducibile al singolo conferente.

Pertanto, se il conferimento della partecipazione qualificata viene fatto da più persone l’agevolazione non spetta.

Questa circostanza, unita agli effetti del meccanismo di demoltiplicazione della percentuale di partecipazione nel caso in cui la conferita detenga a sua volta partecipazioni non totalitarie, costituisce un importante limite all’utilizzabilità del beneficio.

Del resto, già la relazione tecnica - prevedendo che la norma sarebbe stata utilizzata «in fattispecie limitatissime» - non contiene copertura finanziaria.

La riflessione da fare è che anche dal punto di vista fiscale il passaggio generazionale deve essere pianificato con un certo anticipo, anche per coordinarlo con l’esenzione da imposta di successione prevista dall’articolo 3, comma 4-ter de Testo unico delle successioni.

Ad esempio, ipotizziamo che, al decesso del fondatore che detenga il 100% dei una società operativa, ereditino due figli che, mantenendo il controllo congiunto (anche mediante cointestazione delle azioni ricevute) per cinque anni, beneficino dell’esenzione dall’imposta di successione.

Se, decorsi cinque anni, ciascuno dei figli costituirà una propria holding unipersonale, al loro decesso, gli eredi beneficeranno dell’esenzione da imposta successoria e ciascun ramo familiare sarà rappresentato da una propria holding. Se invece i fratelli decedessero prima di aver costituito la holding, non si verificherebbe, per i loro eredi, il presupposto per l’esenzione e, inoltre, si creerebbe una compagine societaria frazionata con evidenti problemi di governo societario.

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