Controlli e liti

Conto energia-Tremonti, no alla definizione liti al 90%

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di Giorgio Gavelli

Non è sufficiente definire la lite instaurata con l’agenzia delle Entrate, con riferimento al recupero integrale della detassazione fruita ai sensi della Tremonti ambiente, per poter considerare risolto il problema del divieto di cumulo sollevato dal Gse e poter, conseguentemente, fruire della tariffa incentivante. È questa la risposta – piuttosto sorprendente – che emerge dall’ interpello 102/2019 .

Riassumiamo la questione. Premesso che non è in discussione la cumulabilità tra Tremonti ambiente e i primi due conti energia (Decreti 28 luglio 2005 e 19 febbraio 2007) – nei limiti del 20% del costo dell’investimento - e che la disposizione agevolativa fiscale è stata abrogata dell’articolo 23, comma 7 del Dl 83/2012 con riferimento agli investimenti ambientali realizzati dal 26 giugno 2012, il tema si pone per gli impianti fotovoltaici realizzati nel 2011 e 2012 in virtù del III e IV Conto energia.

Dopo anni di silenzio, il Gse con un comunicato pubblicato sul proprio sito internet il 22 novembre 2017 ha sostenuto la non cumulabilità tra i più recenti Conti energia e la Tremonti ambiente, con la necessità, per le imprese interessate a fruire del III, IV e V Conto energia, di rinunciare al beneficio fiscale goduto, manifestando tale volontà all’agenzia delle Entrate e dando evidenza al Gse dell’avvenuta rinuncia. Il termine per tale rinuncia era fissato al 21 novembre 2018, poi prorogato al 31 dicembre 2019 da un altro comunicato Gse dello scorso 14 novembre. Il tutto a pena, evidentemente, di perdere (per il futuro) e dover restituire (per il passato) la tariffa incentivante.

Sfumato un emendamento parlamentare che ipotizzava una sanatoria ad hoc per queste imprese (si veda Il Sole 24 Ore del 15 novembre 2018), il problema restava in pieno sul tavolo. Nell’istanza di interpello in esame, una società che ha impugnato in giudizio un avviso di accertamento con recupero integrale del beneficio sull’anno 2011, ha chiesto all’Agenzia se, aderendo alla definizione della controversia pendente ai sensi dell’articolo 6 del D.L. n. 119/2018 e, quindi, versando il 90% dell’imposta come previsto da tale disposizione, si potesse considerare realizzata la “rinuncia” all’agevolazione fiscale richiesta dal GSE, con conseguente mantenimento del diritto a fruire della tariffa incentivante.

L’Agenzia nega questa possibilità, sostenendo che la lite pendente è definibile, ma per ottenere il risultato cercato occorrerebbe versare integralmente l’imposta in contestazione, peraltro con le stesse modalità previste per la definizione della lite. Una definizione “al 100%”, quindi, non prevista da alcuna disposizione e con l’unico aspetto positivo di veder riconosciuti come non dovuti interessi e sanzioni. Si ricorda che con risposta ad interpello n. 114/2018 l’Agenzia trattò il caso di chi ha chiesto il rimborso o, comunque, non ha una lite pendente (si veda “Il Quotidiano del Fisco” del 19 dicembre scorso). La sensazione è che queste soluzioni siano ben poco sistematiche e che la materia meriterebbe un intervento di coordinamento che tenga conto che le imprese coinvolte non sembrano certo colpevoli di alcunché, avendo all’epoca sfruttato una agevolazione perfettamente vigente, senza alcun segno di una possibile incompatibilità.

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