Controlli e liti

Correzioni a doppio taglio per i rischi penali

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di Francesco Bomba e Dario De Santis


Integrativa speciale a perimetro limitato non solo per quanto riguarda gli imponibili «ravvedibili» ma anche per la protezione che offre dal «rischio penale». Questo l’effetto delle novità introdotte nel decreto fiscale.

La copertura da eventuali rischi penali conseguenti l’invio dell’integrativa speciale, prevista dal comma 9 dell’articolo 9 del Dl 119 del 2018 per i soli delitti agli articoli 2 («Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti») e 3 («Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici») del Dlgs 74/2000, infatti, non risulta per nulla rassicurante.

La norma, in particolare, prevede che gli interessati (tra cui le società di capitali) possono integrare imponibili fino a 100mila euro senza conseguenze penali, ogniqualvolta detta integrazione sia la conseguenza di costi fittizi derivanti dall’inserimento in dichiarazione di fatture false o nuovi imponibili occultati con condotte idonee a configurare la dichiarazione fraudolenta con altri artifici.

Tuttavia, già la sola, sicura applicabilità dei delitti di riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio, confermata nella parte finale del comma 9 dovrebbero far riflettere circa l’opportunità di questa forma di “ravvedimento”. Alla luce della più recente giurisprudenza (Cassazione, Sezioni Unite, 30 gennaio 2014 n. 10651), infatti, l’indebito risparmio d’imposta deve ritenersi sempre «profitto del reato» e, pertanto, stante la natura fungibile del denaro, una qualsiasi movimentazione finanziaria successiva alla “confessata” evasione fiscale rischia di essere comunque perseguita con pene, peraltro, molto più gravi di quelle previste dal sistema penale-tributario.

Non solo: l’espressa previsione avente ad oggetto lo scambio di informazioni tra l’Agenzia delle Entrate e gli altri organi dell’Amministrazione finanziaria (articolo 9, comma 10, del decreto fiscale) pone ulteriori ostacoli alla volontà del contribuente di correggere una dichiarazione già inviata.

Non può escludersi, invero, che in seguito all’inserimento, a posteriori, di ricavi non dichiarati ovvero all’ammissione di aver beneficiato di costi fittizi, l’Autorità Giudiziaria, debitamente informata, non decida di richiedere nuovi accertamenti in ordine ad ulteriori e diverse ipotesi di reato.

Non aleggia solo il tema del «falso in bilancio» ma anche l’eventualità che l’integrativa speciale volta ad eliminare gli effetti sull’imponibile di costi fittizi si risolva in una vera e propria denuncia promossa nei confronti del soggetto che ha emesso la fattura falsa e che si vedrebbe contestare il delitto all’articolo 8 del Dlgs 74/2000 («Emissione di fatture per operazioni inesistenti»). Se si considera, infine, come il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del Dlgs 74 del 2000) presenti delle soglie al di sotto delle quali la punibilità è comunque esclusa, non può non rilevarsi l’opportunità di una rivisitazione delle attuali coperture penali in sede di conversione del decreto.

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