Country reporting, le regole della casa madre prevalgono sulle controllate
Il 5 novembre l’Ocse ha pubblicato sul proprio sito nuovi chiarimenti per la predisposizione della rendicontazione per Paese, Cbcr. Il documento, Guidance on the Implementation of Country-by-Country Reporting, viene costantemente aggiornato e integrato al fine di consentire una chiara e uniforme reportistica nei Paesi aderenti.
Le norme sul Cbcr prevedono l’obbligo per i gruppi con fatturato consolidato superiore a 750 milioni di euro di rendicontare annualmente ricavi e utili lordi, imposte sul reddito pagate e maturate nonché altri indicatori di attività economica effettiva per i paesi in cui operano.
I chiarimenti Ocse arrivano in tempo utile per la reportistica del 2018 che, per i soggetti solari, dovrà essere inviata entro il 31 dicembre 2019. I chiarimenti sono infatti direttamente applicabili in Italia per quanto non chiarito dalla normativa italiana come previsto dal provvedimento del 28 novembre 2017.
Tra i punti discussi vi sono i dividendi. Mentre era già previsto che i pagamenti trattati come dividendi nella giurisdizione del pagatore non vanno inclusi nei ricavi vi era il dubbio se tali importi dovessero essere compresi negli utili (perdite) al lordo delle imposte.
Il documento specifica che, per consistenza, i dividendi devono essere esclusi anche dagli utili (perdite). Le disposizioni sono applicabili dal 2020, con possibilità di anticipare a esercizi precedenti. Anche le imposte sui dividendi (incluse le ritenute) devono essere scorporate dalle voci imposte maturate e pagate.
Gli arrotondamenti sono consentiti se non comportano distorsioni, mentre i troncamenti alle migliaia o milioni non sono permessi in quanto i dati vanno riportati per intero senza decimali (ad esempio, 250.122 può essere arrotondato a 250.000 ma non si può indicare 250 migliaia).
In tabella 3 devono essere descritte le fonti utilizzate. Le eccezioni, in relazione a valori, categorie di dati o paesi, devono essere tutte indicate. Anche i cambiamenti rispetto a precedenti periodi vanno sempre spiegati.
La normativa del Paese della casa madre “prevale” su quella delle controllate. Le controllate infatti non sono tenute all’invio del Cbcr se la casa madre non ha l’obbligo in base alla propria normativa conforme all’Ocse ed in vigore. Inoltre nei casi in cui la controllata è tenuta all’invio può mandare il Cbcr predisposto in base alle norme della casa madre (conformi all’Ocse), anche se non completamente in linea con la normativa locale (ad esempio, differenze di lingua).
Il documento riporta inoltre gli errori più frequenti riscontrati dalle amministrazioni fiscali. Tra questi, oltre ai temi sopra, sono indicati errori nei numeri di identificazione fiscale delle società, l’omissione degli stessi, l’utilizzo di più valute (la valuta deve essere una, quella della casa madre), errori nei codici dei Paesi di residenza e l’omissione delle società escluse dal consolidato per dimensione o rilevanza e delle stabili organizzazioni.
Le amministrazioni che riscontrano errori dovrebbero richiedere un invio correttivo. Le società italiane hanno 60 giorni dalla ricezione della richiesta di re-invio per adempiere (articolo 10, provvedimento citato). È inoltre possibile re-inviare spontaneamente il modello corretto. Per quanto riguarda le sanzioni si applicano le disposizioni sul ravvedimento (articolo 13, comma 1, lettere da a-bis a b-quater, Dlgs 472/1997) sulla sanzione minima di 10mila euro, come chiarito a Telefisco 2018.