Diritto

Crisi d’impresa, proroga dell’allerta preventiva ma solo per le microaziende

Si apre il dibattito sul correttivo appena licenziato dal Consiglio dei ministri

(Adobe Stock)

di Alessandro Galimberti

Mentre il correttivo sulla crisi d’impresa – licenziato in bozza dal Consiglio dei ministri di giovedì scorso – imbocca la strada parlamentare portando in dote un emendamento del governo, sul percorso del decreto legislativo arrivano le prime avvisaglie di malumori.

A tornare sull’impatto delle nuove norme, che a partire da agosto cambieranno alla radice la gestione della crisi, è il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che dal palco degli Stati generali dei commercialisti ha ribadito il punto di vista dell’associazione: «Sul nuovo Codice della crisi d’impresa, la riforma del diritto fallimentare, sono anni che stiamo lavorando – ha detto Boccia –. Confindustria si è messa in discussione e ha offerto un contributo fondamentale. Ora, alle battute finali, il governo si sta arroccando su posizioni che rischiano di compromettere un equilibrio faticosamente raggiunto. Tutti devono fare la propria parte».

Parole a cui il ministro Bonafede ribatte solo indirettamente sottolineando che «il Codice della crisi d’impresa è stato approvato dalla scorsa legislatura, non è una mia idea e, piuttosto, da ministro ho lavorato sui decreti attuativi ascoltando anche gli addetti ai lavori». Ma è proprio sulla “insufficienza” del correttivo rispetto alle aspettative del mondo imprenditoriale che si sta aprendo un fronte di crisi con un sottostante impegnativo. Al centro del dibattito c’è il peso che le nuove procedure d’allerta – pensate come mezzo per prevenire il fallimento e quindi i danni ad effetto domino sul sistema relazionale delle aziende – rischiano di rovesciare sulle realtà imprenditoriali più piccole.

Nell’ultimo consiglio dei ministri il governo è intervenuto proprio per prorogare a febbraio del prossimo anno le segnalazioni di allerta relative alle microimprese, segnalazioni destinate agli organismi di composizione della crisi. Nella proposta del ministro Bonafede lo slittamento riguarderebbe le imprese che negli ultimi due esercizi non hanno superato 4 milioni dell’attivo dello stato patrimoniale, e contemporaneamente hanno registrato ricavi inferiori a 4 milioni, e hanno avuto fino a 20 dipendenti occupati in media durante l’anno di riferimento.

Nelle intenzioni del ministero della Giustizia la disposizione si fa carico della preoccupazione di consentire una gestione efficiente delle procedure di allerta da parte degli organismi di composizione della crisi. Ma uno dei punti di criticità è la perdurante mancanza di chiarezza circa l’accesso (obbligato) a questo percorso di prevenzione sorvegliata, e in questo senso l’impegno del governo «di chiarire la nozione di crisi, sostituendo all’espressione “difficoltà” quella di “squilibrio” e ridefinendo il cosiddetto “indice della crisi”» non appare ancora dirimente.

Secondo le stime dei commercialisti, a regole così disegnate sarebbero decine di migliaia le imprese a rischio di entrare nel cono d’ombra della composizione sorvegliata della crisi, su cui continua a pesare peraltro la riserva mentale di quanto queste procedure rischino di compromettere la reputazione – cioè la competitività – dell’azienda suo malgrado “attenzionata”. Anche perché, ulteriore tema di attrito, gli alert possono essere innescati pure da enti e agenzie pubbliche al superamento di determinate soglie di sofferenza; in questo ambito si è mosso il governo nel Consiglio dei ministri del 13 febbraio scorso, rimettendo ai decreti delegati da approvare a stretto giro la ridefinizione del perimetro.

Sullo sfondo, in ogni caso, resta la questione assorbente dell’impatto organizzativo e soprattutto di budget che la riforma della crisi di impresa rischia di comportare per la filiera della piccola/microimpresa.

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