Professione

Crisi da sovraindebitamento, le chiusure sulla rinegoziazione dei debiti scaduti

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di Norberto Ventolini, avvocato in Tarquinia (Viterbo)

Nonostante siano trascorsi ormai 5 anni dall’entrata in vigore della legge 3/2012 sulla crisi da sovraindebitamento, poco o nulla si muove nei tribunali, con la conseguenza che non vengono prodotti gli effetti sperati dalla norma: trovare un rimedio alle situazioni di sovraindebitamento dei debitori civili, o per gli imprenditori sotto soglia di fallibilità, con l’obiettivo dichiarato dalla norma di raggiungere un accordo con i creditori, o accedere all’istituto della esdebitazione passando per la liquidazione del patrimonio.

Per ciò che riguarda la mia esperienza svolta innanzi ai Tribunali di Roma, Civitavecchia, Viterbo, Tivoli e Grosseto, oggi i Tribunali ancora non sono preparati a seguire una procedura univoca per le richieste dei debitori civili. Gli Occ (organismi di composizione della crisi) sono formati da professionisti che per la maggior parte non ha idea quale sia la competenza del ruolo investito. Il quadro prospettato si ripercuote anche sui quei pochi provvedimento incardinati con competenza, tra i quali, non per presunzione, vorrei inserire i procedimenti promossi dal mio studio.

In estrema sintesi la norma in questione avrebbe concesso la possibilità ai debitori di trovare un accordo o liquidare il patrimonio per saldare i debiti e poter ripartire (fresh start) seguendo lo spirito giuridico americano. È evidente la modifica culturale espressa dalla norma nel nostro ordinamento, che fino a qualche anno fa impediva agli imprenditori falliti anche di ritirare la posta. In pratica, le ambizioni espresse dalla norma, poi riprese da una raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014 (articoli
30-36), e da ultimo dalla legge delega della riforma della legge fallimentare, vengono sistematiche disattese sulla base di motivazioni decisamente creative e contrarie alla norma stessa.

Mi riferisco a molti Tribunali, anzi direi ormai tutti, che escludono il dilazionamento dei crediti privilegiati per un periodo superiore all’anno. Non vedo come possa essere escluso una rinegoziazione dei crediti scaduti, se l’obiettivo della norma è prevedere un accordo dei creditori in qualsiasi forma, anche con l’impiego di crediti futuri. È evidente la negazione di giustizia, ove si concede la possibilità ad un debitore cronico di risolvere il problema, a condizione che paghi tutti i crediti privilegiati integralmente ed al massimo entro un anno. Ho tentato di impugnare le ordinanze ed ho ricevuto altrettante ordinanza creative di rigetto, nonostante ci sia giurisprudenza recente della Cassazione in tema di concordato preventivo, che è lo strumento in vigore più simile al procedimento in questione, le quali norme sono applicabili per analogia (Cassazione 10112/2014, 26328/2016, 26989/2016), che sostiene il mio punto vista.

Della legge sulla crisi da sovraindebitamento ne ha parlato nel 2016 la trasmissione televisiva «Report», evidenziando le possibilità dichiarate dalla norma, ma che allo stato vengono sistematicamente negate.

Ritengo che tale negazione di giustizia, non vedo altri termini per esprimere gli effetti delle ordinanza dei tribunali, siano causati dal retaggio culturale legato agli effetti del vecchio fallimento, che vedevano il fallito senza speranza, senza diritti e senza futuro. Oggi la norma richiamata nasce con un nuovo spirito che si sta facendo strada anche nel nostro ordinamento, ma temo che i tribunali non riescono ad affrancarsi dalla vecchia cultura, cosicché continueremo a chiedere giustizia e continueranno a negarcela.

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