Finanza

Da Intesa primi accordi sulla quarta cessione: imprese coinvolte per allargare la capienza

Contratti apripista che danno attuazione per la prima volta alle norme del decreto Aiuti in vigore da metà luglio

di Giuseppe Latour

Un primo accordo da 200 milioni di euro, stipulato con Autotorino. Al quale è seguito, a poca distanza, un secondo accordo, di importo simile, con Sideralba di Napoli. Intesa Sanpaolo dà attuazione, per prima, alle norme sulle ricessioni dei crediti fiscali, inserite nella legge di conversione del decreto Aiuti (Dl 50/2022) e in vigore da metà luglio. Con l’obiettivo di recuperare capienza fiscale, da utilizzare per rimettere in moto il mercato degli acquisti di bonus, dopo mesi di frenata.

Nel Dl Aiuti si stabiliva che banche e società appartenenti a gruppi bancari possono sempre cedere i crediti che hanno in pancia ai propri correntisti, purché siano soggetti diversi dai consumatori: quindi, questi trasferimenti sono sempre possibili verso tutte le partite Iva.

La norma, pensata per dare agli istituti uno strumento per liberare la propria capienza fiscale, adesso viene finalmente utilizzata. Un passaggio rilevante, perché ha richiesto un importante lavoro preparatorio nei mesi scorsi, ad esempio sugli schemi di contratto e sui sistemi informatici.

«È una prima operazione che consideriamo un’apripista e che auspichiamo venga seguita molto presto da altre. Abbiamo già diverse operazioni di dimensioni analoghe in pipeline: stiamo contattando le medie imprese nostre clienti, per concludere altri accordi simili», dice Anna Roscio, responsabile imprese Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo. Sono, soprattutto, le medie imprese, infatti, ad avere la flessibilità necessaria a livello di governance per attivare questo tipo di operazioni, «ma auspichiamo di estendere presto anche a grandi operatori».

Il meccanismo di ricessione di Intesa è basato su un accordo quadro pluriennale. «Sottoscriviamo un contratto - spiega Roscio - attraverso il quale, nell’arco di quattro anni, la controparte si impegna ad acquistare crediti in base alla sua capacità fiscale stimata». In questo modo, ogni volta che è necessario pagare un F24, «l’azienda ci comunica via web l’importo e noi gli mettiamo a disposizione dei crediti da compensare», aggiunge Roscio.

La convenienza per l’azienda arriva a questo punto: l’impresa guadagna sulla differenza tra il valore nominale del credito e il prezzo di acquisto. E, di fatto, riduce il proprio carico fiscale. Con questo schema, poi, l’acquirente non compra subito una grande massa di crediti che potrà compensare solo dopo anni. Quindi, non peggiora la sua posizione finanziaria.

Sullo sfondo c’è il tema della sicurezza delle cessioni e delle responsabilità di chi acquista, affrontato di recente anche dalla legge di conversione del decreto Aiuti bis: «Il nostro portafoglio crediti è certificato e molto controllato - sottolinea Anna Roscio -. Cediamo solo crediti formati dopo il primo maggio, quindi completamente tracciabili. Detto questo, e quindi confidando che non si porranno problemi, abbiamo anche messo in piedi un contratto che dà tutte le tutele possibili al cessionario, che ha una manleva».

Per adesso gli importi delle ricessioni sono ancora piuttosto piccoli, se rapportati alla massa di operazioni gestite da Intesa Sanpaolo nei mesi scorsi, ma l’obiettivo strategico di questi trasferimenti è, ovviamente, quello di riaprire progressivamente un mercato che, al momento, resta quasi fermo. Attualmente, Intesa Sanpaolo ha già acquisito 10 miliardi di euro di crediti fiscali (7 solo nell’anno in corso), a fronte di richieste per oltre 20 miliardi. I nuovi acquisti, per adesso, sono bloccati. Liberando capienza fiscale, uno sblocco progressivo, a supporto di imprese e famiglie, diventerà possibile.

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