Il preconcordato può compromettere l’azienda
Solo le banche devono attendere il 30 settembre per la scadenza delle moratorie
Non v’è dubbio che, in assenza di ulteriori proroghe, dal 1° luglio si potrà assistere a una recrudescenza di istanze volte a ottenere il pagamento dello scaduto da parte dei fornitori: mentre le banche sono costrette ad attendere al 30 settembre la scadenza delle moratorie di cui all’articolo 56 del Dl 18/20, il legislatore ha deciso per quanto riguarda i soggetti diversi dalle banche di optare per una temporanea improcedibilità delle istanze di fallimento.
Si crea quindi una situazione abbastanza inusuale, in cui una categoria di creditori (il sistema bancario) vede limitate le possibilità di richiedere il fallimento dell’impresa, mentre le altre sono libere di farlo.
A oggi, se l’impresa si trova a fronteggiare (il rischio di) pignoramenti a ombrello da parte dei creditori sui conti correnti bancari, o iscrizione di ipoteche giudiziali, l'unica difesa possibile – in attesa di fare i conti con lo specifico creditore – è una misura valida “erga omnes”, vale a dire il concordato in bianco.
Il primo e più grave “effetto indesiderato” del deposito della domanda di preconcordato riguarda la pressoché certa paralisi del sistema dei pagamenti dell’impresa, tanto dal lato fornitori, quanto dal lato banche.
I fornitori (esclusi naturalmente quelli istanti), se prima del concordato ancora consegnavano regolarmente all'impresa con una determinata dilazione di pagamento, appreso del concordato in bianco potrebbero essere indotti a prefigurarsi lo scenario peggiore e, a fronte del rischio di stralcio dei propri crediti, a cessare cautelativamente le forniture a credito, passando a condizioni di pagamento per cassa alla consegna.
Ancora più chiaro il comportamento che seguiranno le banche, e assolutamente privo della discrezionalità che invece contraddistingue i fornitori: alla luce delle istruzioni di vigilanza esistenti, il deposito della domanda di concordato “in bianco” obbliga a classificare immediatamente ad incaglio l'impresa, con effetti inevitabili sulle linee di credito autoliquidanti che, nel migliore dei casi, saranno sospese in attesa del deposito del piano.
L’incapacità dell'impresa di tenere sotto controllo i terzi creditori impedendone le azioni esecutive è infatti per le banche il primo segnale di gravità della situazione.
A ciò si aggiungono i limiti alla operatività quotidiana del debitore, derivanti dalle necessarie autorizzazioni e dal monitoraggio del tribunale e del precommissario, con i relativi costi organizzativi connessi anche agli inevitabili obblighi di informativa periodica.
L’avvio della procedura potrebbe infine incidere sulla capital structure della società, alterando il ciclo del circolante, in quanto i crediti maturati dopo la presentazione del ricorso parrebbero destinati ad assumere natura prededucibile.
In definitiva, la nuova disciplina introduce una opzione ulteriore i cui pregi e difetti andranno soppesati con grande attenzione prima di intraprendere il percorso della domanda “in bianco” dal possibile approdo “tricolore”: sarebbe forse opportuno privilegiare soluzioni più semplici per depotenziare l’aggressività dei fornitori, senza penalizzare la gran parte dei creditori che continuano a cooperare con l'impresa.