Controlli e liti

Dalla Svizzera a Monaco, così muore il segreto bancario

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di Carlotta Benigni e Antonio Tomassini

È notizia di questi giorni che la Francia per prima ha approfittato della legge sull'assistenza amministrativa fiscale entrata in vigore in Svizzera il 1° agosto scorso, richiedendo al fisco elvetico informazioni su 300 cittadini francesi con conti correnti nella confederazione elvetica. La legge, approvata dal Parlamento svizzero a seguito della firma del protocollo Ocse sullo scambio automatico di informazioni bancarie, consente all'autorità fiscale di un Paese estero di richiedere all'amministrazione svizzera di fornire le informazioni finanziarie in possesso di banche e altri intermediari finanziari, nonché di società fiduciarie (inclusi dati “rubati”, puntualizzano le autorità svizzere).
Si tratta della più importante bandiera bianca al segreto bancario. La Svizzera decide di aprire allo scambio di informazioni anche sui dati bancari per evitare di incorrere in sanzioni da parte dell'Ocse, tra le quali la più pesante è sicuramente l'inclusione in una lista nera che potrebbe significare un forte contraccolpo in termini di appealing per gli investitori esteri, preoccupati dagli oneri che ne potrebbero derivare. Del resto la stessa Svizzera è appena stata espunta dalla black list Ocse.
La legge sull'assistenza amministrativa è la diretta conseguenza della firma da parte della Svizzera della Convenzione dell'Ocse e del Consiglio d'Europa sulla reciproca assistenza in materia fiscale, anzi nella sostanza ne anticipa gli effetti (rendendo meno decisiva l'approvazione dell'atteso accordo Italia-Svizzera), dando spazio sin da ora allo scambio di informazioni (peraltro, da come sembra, retroattivamente, essendo una normativa procedurale che quindi dovrebbe applicarsi anche antecedentemente alla sua entrata in vigore, ovvero antecedentemente al 1° agosto 2014).
La Convenzione Ocse, a cui questa normativa si ispira, prevede tre modalità di scambio di informazioni: diretto su richiesta, lo scambio spontaneo e lo scambio automatico. Mentre per attuare quest'ultima tipologia è necessario un accordo aggiuntivo bilaterale tra i due Paesi interessati, gli altri due metodi sono di immediata applicazione.
Va notato che anche il Principato di Monaco ha annunciato la firma della Convenzione Ocse. Una circolare dell'associazione delle banche del Principato, infatti, ha indicato i criteri da seguire - anche in assenza di una norma - in caso di richiesta di informazioni. Come per la Svizzera, è possibile richiedere informazioni non solo su singoli individui ma anche su intere categorie di persone che hanno posto in essere un determinato comportamento. Non è prevista invece la possibilità di inviare richieste senza che l'amministrazione estera abbia in mano la prova di violazioni commesse dal proprio cittadino in Svizzera o a Montecarlo (le cosidette «fishing expedition»). Tuttavia le richieste inviate alle banche del principato non potranno riguardare gli anni precedenti al 2015, salvo il caso in cui i reati commessi abbiano rilevanza penale, mentre per la Svizzera, come si diceva, sembrerebbero poter riguardare anche periodi precedenti.
Anche l'amministrazione finanziaria italiana potrà ovviamente richiedere informazioni, secondo le modalità operative indicate nel decreto del direttore generale delle Finanze del 29 maggio 2014 che chiarisce le competenze dei vari attori (dipartimento delle Finanze, agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza).
Il cerchio si stringe intorno ai contribuenti che hanno ancora capitali all'estero in violazione degli obblighi sul monitoraggio. Un altro importante campanello di allarme, unitamente ai recenti provvedimenti di analogo tenore adottati a livello Ocse (protocollo sullo scambio di informazioni bancarie attuativo dello standard approvato il 17 gennaio 2014) e a livello europeo (direttiva 2011/16/UE) sullo scambio di informazioni, in attesa di una sempre più auspicabile approvazione della normativa sulla voluntary disclosure.

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