Dalle rimanenze agli interessi, tre ostacoli in bilancio per il magazzino
1) la capitalizzabilità degli oneri finanziari;
2) la contabilizzazione dei contributi in conto esercizio per l'acquisto dei materiali;
Gli oneri finanziari sono in genere esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze, perché normalmente il periodo di produzione è relativamente breve. Tuttavia sia quelli specifici che quelli generici possono essere capitalizzati in proporzione alla durata del periodo di fabbricazione, ove la stessa sia significativa. Se la produzione di un bene avviene per stadi, gli interessi sono capitalizzabili per il periodo di produzione di ciascuno stadio considerato separatamente dagli altri: è il caso, per esempio, di alcune tipologie di prodotti soggetti a invecchiamento, quali, vini, liquori. In ogni caso, il limite alla capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore recuperabile del bene.
Fiscalmente, in base alla risoluzione 3/Dpf/2008, gli oneri finanziari che, sulla base di corretti principi contabili, sono capitalizzati ad incremento del costo delle rimanenze di beni o servizi oggetto dell'attività dell'impresa, sono, al pari di quelli che concorrono a costituire il costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, esclusi dal meccanismo di limitata deducibilità prevista dall'articolo 96 del Tuir, in quanto il comma 1 li considera «compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell'articolo 110».
I contributi in conto esercizio relativi all'acquisto di materiali, ai fini della valutazione delle rimanenze, sono portati in deduzione del costo di acquisto, consentendo così di sospendere i costi effettivamente sostenuti al netto dei contributi ricevuti. Nel conto economico, i contributi sono iscritti nella voce A5 («Altri ricavi e proventi»), mentre i costi di acquisto delle materie sono rilevati nella voce B6 al lordo dei contributi in conto esercizio. La variazione delle rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è iscritta nelle voci B11 o A2 al netto dei contributi. Nel modello Unico vanno considerati come ricavi (articolo 85, comma 1, Tuir).
Le svalutazioni dei beni inclusi nelle rimanenze di magazzino sono rilevate a rettifica diretta dei relativi valori iscritti all'attivo. Il criterio di valutazione imposto dal Codice civile (articolo 2426, n. 9) è di scegliere il minore tra il costo di acquisto o di produzione e il valore desumibile dall'andamento del mercato, il che significa che se quest'ultimo si presenta inferiore al costo (sia esso determinato in forma specifica o con il ricorso a metodi convenzionali quali il Fifo, il Lifo o il costo medio), va utilizzato il valore di mercato, a meno che il recupero del costo non si possa qualificare come certo nonostante il declino dei prezzi di vendita (come in presenza di contratti di fornitura a prezzo prefissato nell'ipotesi in cui vi sia la ragionevole certezza che i prezzi concordati saranno rispettati).
Sotto l'aspetto fiscale, l'articolo 96 , comma 5, del Tuir prevede che se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi precedenti, è superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo "fiscale" è dato dal valore normale. La norma può portare al contenzioso sia per la difficoltà di documentare il valore normale medio dell'ultimo mese, sia perché la risoluzione 78/E/2013 non riconosce la svalutazione nei casi di beni valutati a costo specifico.
In dottrina si ritiene errato consentire la deducibilità di una svalutazione quando il costo è determinato convenzionalmente, e non consentirla quando, magari per lo stesso bene, il costo è determinato in forma analitica (si veda la norma di comportamento Adc n. 168/2007).
Vedi il grafico con i casi risolti .