Controlli e liti

Decreto 231, imprese escluse dalla messa alla prova

Non si applica la messa alla prova alle società imputate sulla base del decreto 231. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali, fissando il principio di diritto, con la sentenza n. 14840/2023

di Giovanni Negri

Non si applica la messa alla prova alle società imputate sulla base del decreto 231. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali, fissando il principio di diritto, con la sentenza n. 14840/2023. La pronuncia chiude , scegliendo la linea più intransigente, una vicenda che sul piano della giurisprudenza ha visto dividersi i giudici, soprattutto di merito.

Le Sezioni unite si diffondono nel ricordare , sulla base dei precedenti sia della Cassazione sia della Corte costituzionale, le caratteristiche dell’istituto della messa alla prova, per convenire sulla sua natura sanzionatoria penale. Conclusione corroborata da una serie di elementi, come la natura e la durata delle prescrizioni , la valutazione dell’idoneità del programma di trattamento sulla base dei criteri che si riferiscono alla commisurazione della pena, il legame con la pena da scontare del periodo di prova in caso di condanna esito del fallimento dell’istituto.

E allora, se la responsabilità da reato degli enti va incasellata in una categoria giuridica diversa da quella penale e la messa alla prova deve essere ricondotta a un trattamento sanzionatorio penale, l’istituto non può essere applicato agli enti nel rispetto del principio della riserva di legge previsto dall’articolo 25, comma 2, della Costituzione. Infatti, l’introduzione attraverso provvedimenti giurisdizionali di un trattamento sanzionatorio come la messa alla prova a una categoria di soggetti, come gli enti, non espressamente presi in considerazione dalla legge penale, confligge in maniera evidente con il principio di legalità della pena.

Impossibile poi, avvertono ancora le Sezioni unite, fare ricorso all’applicazione analogica, quando l’esito sarebbe l’applicazione di una misura sanzionatoria penale a soggetti mai indicati come destinatari di norme penali. Lo stesso decreto 231 peraltro richiama espressamente il principio di legalità, visto che sottolinea come «l’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto».

Infine, va ancora ricordato che la natura delle prescrizioni che costituiscono il programma di trattamento tipico della messa prova sono tarate evidentemente sulla persona fisica. Tipiche in questo senso le misure dell’affidamento dell’imputato ai servizi sociali per lavori di pubblica utilità, dove l’obiettivo di rieducazione e risocializzazione non può essere tranquillamente traslato a una persona giuridica, per definizione priva «di sostrato psicofisico».

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