Imposte

Decreto competitività, l’esenzione dalla ritenuta sui pagamenti dei mutui esteri

immagine non disponibile

di Fabrizio Cavalli e Laura Demurtas

Al fine di ridurre gli ostacoli al finanziamento delle imprese, il Decreto competitività 2014 (Dl 91/2014 convertito in legge il 7 agosto) ha escluso l'applicazione della ritenuta alla fonte sui pagamenti di interessi a banche estere a determinate condizioni. In particolare l'art. 22, comma 1, del Decreto competitività ha introdotto nel comma 5-bis dell'art. 26 del Dpr 600/1973 la non applicabilità della ritenuta agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio-lungo termine concessi a imprese italiane da enti creditizi “stabiliti” negli Stati membri della UE. Come si evince chiaramente dalla lettura degli atti parlamentari, l'obiettivo del legislatore è stato quello di aprire il mercato bancario estero a tutte le imprese italiane riducendone i costi; infatti l'applicazione della ritenuta “in uscita” sugli interessi pagati a finanziatori non residenti si è nel tempo tradotta in un maggior onere del finanziamento in conseguenza sia delle clausole cd. di gross up tipiche del settore (che ribaltano sul soggetto pagatore il costo della ritenuta) che dell'aumento del prelievo passato dal 12,5% al 20%, per arrivare all'attuale 26% (aliquota riducibile solo in caso di applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni).
Riprendendo in sintesi la normativa, la ritenuta non risulta più applicabile qualora sussistano le seguenti condizioni:
1.il soggetto erogatore rientra in una delle categorie normativamente previste;
2.il rapporto contrattuale si qualifica quale finanziamento a medio-lungo termine.
In merito al primo requisito non emergono particolari criticità; con riferimento al secondo punto invece deve rilevarsi che la disposizione normativa non reca annotazione alcuna in merito all'esatta declinazione della locuzione “medio-lungo termine”. In assenza di ulteriori chiarimenti, si può rinvenire la definizione nell'art. 15 del Dpr 601/1973 che riconduce la fattispecie ai contratti con durata non inferiore ai 18 mesi. Sul tema della durata minima del mutuo, l'Amministrazione finanziaria e la Corte di Cassazione hanno fornito negli anni vari interessanti spunti volti a chiarire che il requisito di durata deve risultare con chiarezza dal contratto e la presenza di eventuali clausole che prevedano la facoltà di recesso anticipato dal rapporto negoziale incidono sulla durata in quanto impediscono al contratto di sorgere in modo stabile. Tale orientamento interpretativo sembra ad oggi superato con il riconoscimento, anche da parte della Suprema Corte e della stessa amministrazione, della generalizzata facoltà di estinzione anticipata del mutuo (cfr. Circ.n.6/T del 14 giugno 2007)..
Più di un interrogativo sorge invece sulla decorrenza della nuova disposizione e sull'eventuale regime transitorio per i finanziamenti già in corso. Considerata la ratio agevolativa della norma, volta a ridurre il carico fiscale del finanziamento proveniente dall'estero, la ritenuta alla fonte non dovrebbe applicarsi né con riferimento ai contratti “in corso” né a quelli “nuovi”, non assumendo rilevanza che la data di stipula del contratto sia precedente o successiva rispetto alla data di entrata in vigore del Decreto (25 giugno 2014). In merito al regime transitorio, non disciplinato dalla norma in alcun modo, ci si pone il dubbio di quale sia il momento in cui sorge l'obbligazione tributaria e quindi da quando scatta l'agevolazione voluta dal Legislatore. Al riguardo si dovrebbero applicare i principi generali di esigibilità e di cassa in luogo del principio di maturazione: infatti l'intero impianto delle ritenute alla fonte di cui all'art. 26 del D.P.R. n. 600/1973 affonda le sue radici nel principio di corresponsione dei pagamenti, per cui non parrebbe ragionevole adottare un criterio che si discosti dal dettato letterale della norma. Deve tuttavia rilevarsi che, in passato, per fattispecie analoghe (vedasi il regime transitorio previsto in relazione all'introduzione del regime di esenzione ai sensi della Direttiva Interessi-Royalties), è stato espressamente previsto l'applicazione del diverso principio di maturazione degli interessi nonostante la Direttiva facesse riferimento agli interessi e canoni “percepiti”, ciò al fine di impedire il ricorso a pratiche dilatorie volte a ritardare la percezione degli interessi maturati anteriormente alla data di entrata in vigore al solo scopo di beneficiare dell'esenzione. Dato che la nuova normativa non si presta ad arbitraggi fiscali in quanto la data di corresponsione degli interessi è prevista contrattualmente, l'esenzione dalla ritenuta dovrebbe riguardare tutte le rate pagate dopo il 25 giugno ancorché una parte degli interessi siano maturati in un periodo antecedente. Una conferma in tal senso sarebbe auspicabile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©