Imposte

Deducibilità dei contratti derivati, imprese alla prova dell’inerenza

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di Diego Avolio e Benedetto Santacroce

Con la campagna delle dichiarazioni torna a essere di estrema attualità il regime fiscale da riservare agli strumenti derivati sottoscritti dalle società. La tematica interessa larga parte delle imprese, tenuto conto del fatto che molte volte gli strumenti derivati vengono sottoscritti per “coprire” un determinato rischio; altre volte, è pure possibile che l’impresa decida di investire parte delle proprie disponibilità in detti strumenti, al pari di un qualsiasi altro investimento finanziario, per ricavarne un (auspicato) guadagno.

Dato questo quadro, si pone la necessità di verificare se e a quali condizioni i correlati componenti negativi possono essere considerati inerenti e, quindi, deducibili dal reddito d’impresa. Sul punto, va segnalato una decisione della Corte di cassazione (ordinanza 23 maggio 2018, n. 12738), secondo cui, per una società non operante nel settore creditizio o finanziario, non sarebbe possibile dedurre i costi relativi ai contratti derivati speculativi, in quanto privi del requisito di inerenza.

La questione è di estrema attualità in ragione dell’adozione dei nuovi principi contabili Oic che hanno innovato le modalità di contabilizzazione degli strumenti derivati, a cominciare da quelli cosiddetti «di copertura».

A questi particolari fini, la differenza fondamentale nella contabilizzazione a conto economico degli strumenti derivati consta nel fatto che gli strumenti derivati «di copertura» seguono la contabilizzazione della «posizione coperta», mentre gli strumenti derivati «non di copertura» sono contabilizzati nella sezione D) del conto economico, rispettivamente alla voce D.18.d) - Rivalutazioni di strumenti finanziari derivati oppure D.19.d) - Svalutazione di strumenti finanziari derivati.

Vale precisare che la regola generale della contabilizzazione degli strumenti derivati è quella prevista per gli strumenti derivati «non di copertura»; in altre parole, sebbene la società stipuli strumenti derivati con finalità «di copertura», sotto il profilo contabile tali strumenti potranno essere trattati come «di copertura» o «non di copertura», visto che l’applicazione del cosiddetto hedge accounting costituisce una facoltà per l’impresa.

Ci si chiede se le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione in merito alla carenza di inerenza dei costi, nel caso di strumenti derivati speculativi sottoscritti da società non finanziarie, possano applicarsi anche agli strumenti derivati sottoscritti con finalità «di copertura», ma contabilizzati in bilancio senza applicare l’hedge accounting.

Si è dell’avviso che la risposta non possa che essere negativa.

Invero, le conclusioni cui sono giunti i giudici di legittimità nella citata ordinanza non sarebbero affatto condivisibili per gli stessi strumenti derivati speculativi; il Tuir, all’articolo 112, sarebbe, infatti, chiaro nel ritenere deducibili i componenti negativi di reddito scaturenti dagli strumenti derivati sottoscritti da società diverse dai soggetti finanziari, «di copertura» come pure speculativi.

Il ragionamento della Corte di cassazione porterebbe a porre in discussione anche le componenti negative relative ai derivati «di copertura», ogniqualvolta il rischio che si intendeva coprire risulti a posteriori, in tutto o in parte, inesistente, il che sarebbe palesemente irrazionale.

Per questo, non potrebbe revocarsi in dubbio l’inerenza dei costi per gli strumenti derivati sottoscritti con finalità «di copertura», contabilizzati in bilancio per opzione (libera) della società come strumenti derivati «non di copertura».

In questo caso, dovrebbe infatti darsi rilievo allo scopo gestionale per il quale lo strumento derivato viene stipulato, anche se in assenza di una designazione (contabile) dello stesso come «di copertura». È pure possibile che la società decida di non optare per la modalità di contabilizzazione dell’hedge accounting, per le complicazioni (e gli oneri gestionali) che questo può comportare.

Il fatto che lo strumento derivato sia sottoscritto dalla società con «finalità di copertura» basterebbe da solo a dimostrare l’inerenza dei costi, dal momento che verrebbe di sicuro garantita la connessione tra il componente negativo di reddito e l’attività d’impresa esercitata.

In questo caso, quindi, i componenti negativi di reddito di tali strumenti derivati dovrebbe seguire il regime fiscale previsto all’art. 112, comma 2, del Tuir, a norma del quale concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione degli strumenti derivati «di negoziazione» alla data di chiusura dell’esercizio, senza limitazione alcuna.

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