Controlli e liti

La Cassazione: deducibilità costi infragruppo al test utilità

L’ordinanza 12268/2021: l’inerenza va verificata rispetto all’oggetto dell’attività di impresa svolta

di Laura Ambrosi

È deducibile il servizio infragruppo se la società che ha fruito della prestazione dimostra l’utilità effettiva conseguita o quella potenzialmente conseguibile. È poi il giudice di merito a valutare in concreto le prove prodotte dalla contribuente. Ad affermarlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 12268 depositata il 10 maggio.

A una società veniva contestata la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’Iva per prestazioni di servizi infragruppo perché ritenute prive del requisito di inerenza. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario, che in primo grado accoglieva in gravame, ma la sentenza era riformata in appello.

La contribuente ricorreva in Cassazione lamentando un’omessa valutazione delle prove prodotte a sostegno dell’inerenza di tali costi. I giudici di legittimità hanno ribadito che l’onere della prova dell’inerenza di costi deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, incombe sul contribuente. Egli è tenuto a dimostrare la coerenza economica degli oneri sostenuti nell’attività di impresa e solo in difetto di tale prova, è legittima la negazione della deducibilità di parte di un costo ritenuto sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

Con specifico riferimento ai costi infragruppo, secondo la Cassazione l’onere della prova sull’esistenza e sull’inerenza incombe sempre sulla società che ha ricevuto il servizio, dimostrando di aver conseguito un'effettiva utilità, determinabile e documentata. In tale contesto non basta l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizio fornite, tanto meno la mera fatturazione dei corrispettivi, poiché occorre l’allegazione di elementi necessari a determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla contribuente che ha ricevuto il servizio.

Il collegio di appello aveva escluso l’inerenza senza però un concreto ed effettivo vaglio di tutte le prove fornite dalla società. In atti, infatti, erano stati prodotte relazione di due società di revisione, corrispondenza mezzo mail, agenda meeting, elenco di richieste di intervento, il libro cespiti, schermate computer tutto volte a dimostrare l’effettività e l’inerenza dei servizi ricevuti.

Da qui l’accoglimento del ricorso. La decisione è interessante poiché pare sollecitare i giudici di merito a una attenta valutazione degli elementi prodotti dai contribuenti a sostegno dell'inerenza di un costo.

Giova ricordare che secondo un orientamento ormai consolidato (tra le ultime 6368/2021) l’inerenza di un costo va verificata rispetto all’oggetto dell'attività di impresa svolta e non con riferimento ai ricavi conseguiti o conseguibili. L’eventuale antieconomicità rappresenta al più un sintomo della estraneità degli oneri, di per sé non sufficiente ad escluderne la deducibilità.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©