Dichiarazioni omesse e crediti compensati: sulle sanzioni una questione ancora aperta
Se per il Fisco si tratta di omesso versamento o indebita compensazione (sanzionati con il 30%), per i giurisprudenza (non univoca) è omessa presentazione
Sui crediti Iva usati in compensazione, ma derivanti da omesse dichiarazioni, una questione ancora irrisolta riguarda il profilo sanzionatorio. Normalmente l’ufficio, disconoscendo la compensazione, irroga anche la sanzione e i relativi interessi.
La giurisprudenza di legittimità offre alcuni spunti di riflessione. Innanzitutto, secondo l’orientamento più recente della Cassazione (tra le ultime, la pronuncia 1169/2021), se il giudice ritiene sussistente il credito, con l’annullamento della pretesa relativa all’imposta consegue anche la non debenza delle sanzioni. Diversamente, «il contribuente risulterebbe paradossalmente sottoposto a sanzione a fronte di una violazione sostanziale insussistente» (Cassazione, 1169/2021).
In tale contesto, però, non è pacifica la sanzione applicabile. Mentre, infatti, per l’amministrazione si tratta di omesso versamento, ovvero indebita compensazione sanzionati con il 30% (articolo 13, Dlgs 471/97), per la giurisprudenza - sebbene con orientamento non univoco - si tratterebbe di omessa presentazione.
Già le Sezioni unite (17757/16), nell’affermare il diritto al riconoscimento dell’eccedenza di imposta pur in assenza della dichiarazione relativa al periodo di maturazione, in un inciso ha comunque confermato la sanzionabilità, ma facendo riferimento espressamente alla violazione dell’omessa dichiarazione.
Nella specie, quindi, risulterebbe applicabile la sanzione fissa, poiché la dichiarazione omessa chiudendo a credito non aveva alcuna imposta dovuta. Tuttavia, la Corte non si è espressamente pronunciata sul punto, così generando qualche perplessità.
Secondo un indirizzo più favorevole (Cassazione 16814/2020), infatti, dinanzi allo sgravio conseguente al riconoscimento del credito, è illegittima la sanzione (e anche gli interessi) per ritardato versamento di somme, poiché al più la violazione riguarderebbe l’omessa presentazione della precedente dichiarazione.
Addirittura, secondo una precedente pronuncia (Cassazione, 25288/2019) gli interessi sul debito tributario, in ipotesi di compensazione con un credito del contribuente, sono dovuti solo fino al momento della nascita di quest’ultimo credito.
Ne consegue così che il momento in cui esso è sorto va individuato non nella presentazione della dichiarazione (in realtà omessa), ma in quello di verifica dei suoi presupposti da parte del giudice ovvero dell’ufficio.
Un’isolata pronuncia (Cassazione 9091/2021), pur riconoscendo la legittimità del credito, ha ritenuto dovuti in misura integrale interessi e sanzioni previste per l’omesso versamento ovvero l’indebita compensazione (articolo 13, Dlgs 471/97).
È auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni unite, considerata la particolare delicatezza della questione, non fosse altro per comprendere quali sanzioni siano applicabili nella specie, anche (e forse soprattutto) per i risvolti penali, visto che in caso di riconoscimento del credito non sussisterebbe alcuna imposta dovuta.