Diritto

Divisione di beni, registro all’1% se il conguaglio non fa sforare il valore della quota di «diritto»

Tassazione con l’imposizione propria dei trasferimenti solo se il condividente ottiene un valore oltre la sua quota di diritto

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di Angelo Busani

È tassata con l’aliquota dell’1% dell’imposta di registro la divisione nella quale sia pattuito un conguaglio a favore di uno degli assegnatari nel caso in cui costui, sommando il valore del conguaglio al valore del bene assegnatogli, non consegua un valore superiore a quello della sua quota «di diritto». Solo se vi sia un conguaglio il cui valore provochi un’attribuzione all’assegnatario di valore superiore a quello della sua quota di diritto, allora il conguaglio è tassato con l’aliquota propria degli atti traslativi (e, quindi, di regola, l’aliquota del 9 per cento se si tratta di una divisione avente a oggetto beni immobili).

È quanto deciso dalla Cassazione, con l’ordinanza 9 novembre 2021, n. 32613, con la quale, dunque, si consolida l’orientamento che nella giurisprudenza di legittimità è già stato espresso (senza oscillazioni) nelle precedenti decisioni n. 17866/2010, 20119/2012, 7606/2018, 13637/2018 e 20736/2019.

Si pensi alla divisione di una massa comune composta dal terreno Alfa, di valore 60, e dal terreno Beta, di valore 40, tra due condividenti (Tizio e Caio) che partecipano alla comunione per la quota di metà ciascuno. Essendo la massa comune di valore 100, la quota «di diritto» spettante a ciascuno di essi è di valore 50.

Procedendo dunque alla divisione, si conviene che a Caio sia assegnato il terreno Beta e che a Tizio sia assegnato il terreno Alfa, con il gravame di corrispondere a Caio un conguaglio in danaro di valore 10. Con il pagamento di questo conguaglio si ottiene, pertanto, che Caio consegue un assegno divisionale di valore (40 + 10 =) 50 e che, identicamente, Tizio consegue un assegno divisionale di valore (60 – 10 =) 50. In altre parole, ciascuno dei due condividenti ottiene una quota “di fatto” di valore identico (50) alla rispettiva quota di diritto.

La situazione appena descritta deve essere valutata alla luce della norma di cui all’articolo 34, comma 2, Dpr 131/1986 (il Testo unico dell’imposta di registro) secondo la quale «i conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto, … sono soggetti all’imposta … con l’aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari» (articolo 34, comma 2, Tur).

Secondo l’agenzia delle Entrate, l’esempio numerico sopra proposto è proprio quello nel quale si rende tassabile, con l’imposta di trasferimento, il conguaglio superiore al 5 per cento del valore della quota di diritto spettante al condividente che paga il conguaglio: infatti, il conguaglio pattuito è pari a 10 mentre il 5 per cento della quota di diritto (di valore 50) è pari a 2,5.

Si tratta di una conclusione che appare plausibile, in quanto, il condividente che “mette in campo” il conguaglio di 10 (prelevando il relativo denaro dal suo patrimonio personale), in sostanza, “paga” all’altro condividente il maggior valore del proprio assegno rispetto alla sua quota di diritto.

Secondo, invece, la Cassazione, la tassazione del conguaglio con l’imposizione propria dei trasferimenti si deve applicare solo se il condividente che percepisce il conguaglio ottiene un valore superiore alla sua quota di diritto. Ricorrendo all’esempio sopra utilizzato, si immagini la pattuizione di un conguaglio di valore 20 (anziché di 10), con la conseguenza che Caio otterrebbe dalla divisione un valore di (40 + 20 =) 60; pertanto, un valore che, per 10, supererebbe la sua quota di diritto (pari a 50), con la conseguenza che, essendo 10 un valore superiore a 2,5 (vale a dire, al cinque per cento della quota di diritto di Sempronio), si dovrebbe tassarlo con l’aliquota del 9 per cento.

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