Enti non profit, liberalità a due vie in bilancio
Come registrare contabilmente le liberalità ricevute? Come valutarle nel bilancio di esercizio degli Enti non profit (Enp)? A queste due domande risponde la bozza del principio contabile n. 2 posto in consultazione dall’Agenzia per il terzo settore, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dall’OIC nel maggio 2012.
Al momento non risulta ancora approvato, ma costituisce una buona linea guida per iscrivere e valutare le liberalità al fine di definire trattamenti uniformi e comparabili per gli Enp, in attesa dei decreti attuativi della Legge 106/2016, legge delega del terzo settore, da emanare entro il prossimo 3 luglio 2017, che riguarda anche gli aspetti contabili e di bilancio.
La bozza di principio contabile Enp n. 2 definisce le liberalità e cioè gli atti che si contraddistinguono in base a due presupposti:
•l’arricchimento del beneficiario con corrispondente riduzione di ricchezza da parte di chi compie l’atto,
•lo spirito di liberalità, inteso come atto di generosità effettuato in mancanza di di alcuna forma di costrizione.
La causa del trasferimento di ricchezza è quindi da «individuare nella volontà dell’erogante di sostenere le finalità istituzionali e di utilità sociale» dell’Enp.
Le liberalità possono essere monetarie o non monetarie, nonché includere legati e contributi.
Le liberalità sono iscritte sulla base della competenza economica, anche se non è esclusa la rilevazione per cassa per gli Enp che adottano tale sistema contabile.
La bozza di principio 2 evidenzia che le liberalità «sono rilevate nel periodo in cui sono ricevute o in quello in cui si acquisisce il diritto a riceverle», indipendentemente dai vincoli e dalle restrizioni che possano condizionare il momento di utilizzo o le modalità di fruizione delle stesse. I beni ricevuti sono iscritti nell’attivo patrimoniale; tra le immobilizzazioni immateriali sono iscritti solo i beni immateriali veri e propri (brevetti, concessioni, licenze), che sono tutelabili giuridicamente e suscettibili di un’attendibile valutazione monetaria.
I beni che costituiscono liberalità non monetarie sono iscritti inizialmente al fair value identificato con il valore di mercato o altro valore capace di rappresentare i benefici economici che affluiscono all’Enp per mezzo di tale bene, tenendo conto del principio della prudenza e, se giudicato opportuno, con apposita perizia. Per i beni immobili, che non siano valutabili al fair value, si utilizza il valore catastale.
Dal punto di vista economico, le liberalità ricevute richiedono «contestualmente all’iscrizione dell’elemento dell’attivo e indipendentemente dalla presenza di eventuali vincoli, l’imputazione al rendiconto della gestione di un provento». A questo proposito, il principio ricorda che non è ammessa l’imputazione delle liberalità a diretto incremento dei fondi che concorrono a formare il patrimonio netto del bilancio d’esercizio poiché per gli Enp le donazioni sovente costituiscono un evento normale «tanto da rappresentare uno dei principali indicatori di efficienza ed efficacia». Inoltre, il passaggio dal rendiconto della gestione (conto economico) assicura coerenza nella gestione caratteristica degli Enp comprensiva degli oneri/costi (ad esempio, ammortamenti dei beni materiali ed immateriali iscritti nell’attivo patrimoniale) e dei proventi.
Enti non profit - Principio contabile 2 - Liberalità