Entry tax con regole simmetriche
Anche l'articolo 166-bis del Testo unico, dedicato alla determinazione dei valori fiscali in ingresso in Italia, viene aggiornato in modo da creare una sorta di simmetria rispetto all'articolo 166 relativo all'exit tax.
La norma prevede che il costo fiscale dei beni o delle aziende “provenienti” dall'estero in seguito ad una operazione straordinaria, un trasferimento di sede o un trasferimento interno di attivi, è pari al rispettivo valore di mercato, determinato con riferimento alle condizioni e ai prezzi di libera concorrenza tenendo conto, qualora si tratti di valore riferibile a un complesso aziendale o a un ramo di azienda, del valore dell'avviamento, da calcolare considerando le funzioni e i rischi trasferiti. Anche in questo caso ci si basa sulle indicazioni del Dm 14 maggio 2018 e si ritiene che sia implicito il richiamo alle linee guida Ocse sui prezzi di trasferimento e al rapporto Ocse sulla determinazione del reddito delle stabili organizzazioni.
Se i beni o l'azienda non provengono da un soggetto Ue o da un residente in uno Stato white list (Dm 4 settembre 1996) il valore di mercato va determinato nell'ambito di un accordo preventivo (articolo 31-ter del Dpr 600/73). Non è richiesto che i beni o le aziende siano stati assoggettati ad exit tax nello Stato di provenienza.
Il criterio del valore di mercato genera qualche difficoltà pratica. In primo luogo, si applica non solo in presenza di plusvalenze, ma anche in presenza di minusvalenze latenti. Se nello Stato estero di provenienza non è previsto il riporto indietro delle perdite, il contribuente rischia di non vedersele riconosciute né all'estero né in Italia. Dovrebbero applicarsi i principi sanciti dalla sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-327/16 e C-421/16, pur se riferita al cambio di residenza di persone fisiche: la minusvalenza non riconosciuta nello Stato di provenienza dovrebbe essere riconosciuta, in sede di realizzo del bene, nello Stato di destinazione.
Inoltre, potrebbe complicarsi la gestione del credito per le imposte pagate all'estero dalla stabile organizzazione. Se una società italiana ne incorpora una estera che ha una stabile organizzazione all'estero, in base al nuovo articolo 166- bis, la società italiana assumerà come costo fiscale dei beni della stabile organizzazione il valore di mercato. Nello Stato estero la stabile organizzazione manterrà, invece, i costi storici. Si verificherà quindi un disallineamento negli ammortamenti fiscalmente deducibili che, meccanicamente, dovrebbe generare eccedenze di imposte estere riportabili. Ma l'utilizzabilità di questo credito d'imposta è discutibile perché in Italia la doppia imposizione è già eliminata attraverso l'utilizzo del valore di mercato come costo di carico.