Professione

Equo compenso, il Ddl riprende l’iter ma crescono le voci contrarie

Ripreso l’iter in Commissione Giustizia, mentre crescono le voci contrarie al testo in discussione

di Federica Micardi

Cresce il coro di voci contrarie all’approvazione del Ddl sull’equo compenso (A.S. 2419) che ieri, in Commissione Giustizia ha ripreso il suo iter. Attraverso un comunicato congiunto Maria Pia Nucera e Matteo De Lise, rispettivamente alla guida dei sindacati dei commercialisti Adc e Ungdcec, ieri hanno detto che è frustrante che un testo su un tema così delicato come è l’equo compenso, criticato e avversato dagli stessi professionisti, venga approvato senza le opportune correzioni. Adc e Ungdcec sottolineano il pericolo che i professionisti rischino di essere penalizzati da questa legge, che prevede per chi accetta compensi “non equi” l’applicazione di sanzioni disciplinari da parte degli Ordini. Pollice verso anche dall’Anf, l’associazione nazionale forense, che parla di norma punitiva e di un testo che non risponde alle reali necessità dei liberi professionisti. Diversi Ordini professionali, e anche l’Aiga, l’associazione italiana giovani avvocati, sono invece dell’idea che il testo vada approvato subito per evitare il rischio che i lavori non si concludano prima della fine della legislatura nel 2023, con la conseguenza che si debba cominciare tutto da capo.

Sembra che l’intenzione della Commissione Giustizia sia quella di approvarlo senza modifiche ma si attendono ancora i pareri di alcune commissioni (tra cui la V - Bilancio).

Le criticità del testo

Tra gli aspetti critici dell’attuale testo ci sono, in primis l’ambito di applicazione, che la norma limita ai contratti convenzionali con la Pa (escluse le partecipate) e con i cosiddetti contraenti forti (banche, assicurazioni, aziende con più di 50 dipendenti o un fatturato superiore a 10 milioni). In merito alla Pa la tutela di legge non scatta per i molti rapporti professionali che non sono convenzionali; a questo si aggiunge l’esclusione delle società partecipate dalla Pa e delle cartolarizzate e degli agenti della riscossione.

Altro aspetto controverso riguarda le sanzioni, che ricadano sul professionista che accetta un compenso sottosoglia e non sul committente. Ad erogare le sanzioni sarà l'Ordine di competenza, perché si tratta di un illecito disciplinare; gli Ordini inoltre potranno concordare con le imprese modelli standard di convenzione che qualcuno paventa saranno più bassi di quelli standard.

Un rischio per il sistema imprese è la parte in cui si dichiara che sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata; la prescrizione del diritto a riscotere il compenso “giusto” scatta infatti dalla data di cessazione dell’incarico, inoltre l’Ordine ha il potere di certificare la non congruità del compenso, certificazione che consente al professionista di rivalersi sul patrimonio del cliente senza passare da un giudice, esponendo il cliente (contraente forte) al rischio di azioni escutive in un arco temporale medio lungo (in proposito si veda l’articolo Equo compenso dei professionisti, dibattito riaperto del 6 maggio scorso).

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