Contabilità

Fa ancora discutere la convertibilità delle quote reversal

La risposta a un interpello apre a tutti gli avviamenti non dedotti a fine 2017

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di Giorgio Gavelli

Per ironia della sorte, anche un’altra disposizione che si occupa di Dta è tra quella più “indigeste” alle imprese, anche perché sulla sua applicazione concreta si nutrono molte perplessità, amplificate da una risposta a interpello non pubblicata sul sito dell’Agenzia.

Il comma 1079 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2019, integrato dal comma 714 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2020, impone un rallentamento alla deduzione delle quote di ammortamento relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali «che hanno dato luogo all’iscrizione di attività per imposte anticipate cui si applicano i commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter» dell’articolo 2 del Dl 225/2010, non ancora dedotte fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017. Addirittura la quota di competenza 2019 (che doveva essere del 5% in base al comma 1079), con il comma 714 viene differita, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e ai quattro successivi.

Il tema, tuttavia, è: a chi si applica di preciso questa disposizione? Premesso che si deve essere in presenza di un reversal di ammortamenti civilistici non dedotti per effetto del disallineamento del valore fiscale (e non affrancati), è innegabile che la norma fa riferimento:

alle attività che hanno dato luogo all’iscrizione di Dta;

ai soggetti che hanno operato tale iscrizione ai sensi dell’articolo 2 del Dl 225/2010, ossia, principalmente, banche e altri soggetti finanziari che presentavano situazioni contabili e fiscali ben precise (perdita civilistica o fiscale o base imponibile Irap negativa).

Ha destato scalpore (e critiche diffuse) una risposta a interpello (protocollo 956-1860/2019) non pubblicata ufficialmente, secondo cui le norma sarebbero applicabili a tutte le quote “reversal” per avviamenti e simili non ancora dedotte al 31 dicembre 2017, anche se nessuna Dta è stata iscritta, ovvero convertita in credito d’imposta, persino nelle situazioni in cui ciò sarebbe stato impossibile per mancanza delle condizioni di legge. Senza dimenticare che, anche per i soggetti richiamati dal comma 714, il Dl 83/2015 ha previsto che le Dta originatesi per effetto di variazioni temporanee successive al 31 dicembre 2014 non possono essere convertite in crediti d’imposta.

Con l’interpretazione dell’Agenzia finirebbero per ricadervi anche tutte le società Oic che deducevano un avviamento da acquisto di azienda secondo un piano di ammortamento civilistico più veloce di quello fiscale (ossia la maggior parte, dal momento che l’articolo 103 del Tuir impone una deducibilità minima in 18 anni, quasi impossibile da giustificare contabilmente). Si produrrebbero effetti abnormi (si veda Il Sole 24 Ore del 26 febbraio), tra l’altro del tutto eccedenti sul gettito atteso, calcolato dalla relazione tecnica alla legge di Bilancio 2019 solo sulla base dei soggetti finanziari.

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