Controlli e liti

Sulle fatture inesistenti il discrimine nella prova

La sentenza 3118/22 delal Ctr Lombardia: i giudici devono ben valutare l’inesistenza oggettiva o soggettiva

di Enrico Holzmiller

La Ctr Lombardia, con la sentenza n. 3118/22 (presidente Izzo, relatore Monfredi) è tornata sulla differenza tra fatture oggettivamente e soggettivamente inesistenti.

Il caso vede una Srl italiana, nel settore del commercio di metalli, aver acquistato rottami da un fornitore sloveno. Detto acquisto è stato accertato dalle Entrate come oggettivamente inesistente. In prima battuta, la Commissione ricorda il differente onere della prova applicabile alle due fattispecie: nel caso di oggettiva inesistenza, ove la fattura costituisca in tutto o parte mera espressione cartolare di operazioni mai poste in essere, l’amministrazione finanziaria è incisa, in prima battuta, dell’onere di provare, anche in forma presuntiva, che l’operazione fatturata non è stata effettuata, Nel secondo caso (inesistenza soggettiva), conformemente ai dettami della Corte Ue, il diritto alla detrazione può essere negato solo quando il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, della frode a monte. Il distinguo non impatta solo sul differente onere della prova, ma anche (soprattutto) sul fronte della ripresa fiscale che ne consegue: ai soli fini iva per le fatture soggettivamente inesistenti, ai fini Iva e imposte dirette per quelle oggettivamente inesistenti.

Dopo aver introdotto correttamente l’argomento, la Commissione analizza la situazione fattuale, dal quale si evincono le seguenti criticità a carico del contribuente appellante: il fornitore sloveno risulta aver dichiarato ricavi, nell’esercizio contestato al contribuente italiano, per importi molto inferiori alle fatture emesse nei confronti di quest’ultimo; non sussistono contratti scritti tra le parti; il fornitore non risulterebbe avere una sede adeguata all’attività.

Si legge inoltre che «l’argomento che il materiale sia stato rivenduto non ha alcun valore nella misura in cui certamente non si tratta del materiale venduto dal fornitore in questione né da altro fornitore (tranne quelle contestate non ci sono altre fatture passive cui il materiale possa essere ricondotto) ed è pertanto sconosciuta la fonte di acquisizione dello stesso». Sulla base di quanto esposto, la Commissione decide a favore dell’inesistenza oggettiva.

Premesso che dalla lettura della sentenza non emergono tutti i dettagli, la decisione lascia alcune perplessità. Tenuto conto infatti che non risulterebbe contestata l’effettività della rivendita della merce ai clienti del contribuente, pare difficile sostenere una inesistenza oggettiva, configurando al più una inesistenza soggettiva. Se infatti un prodotto è stato venduto e non è stato autoprodotto (così come sembra), da qualcuno sarà stato acquistato, non potendo quindi, quest’ultima, un’ operazione puramente cartolare. Ad avviso di chi scrive, il fatto che la fonte di acquisizione sia sconosciuta non necessariamente deve portare a identificare una oggettiva inesistenza (al più, soggettiva), se sussistono gli elementi a supporto dell’avvenuta rivendita a terzi.

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