Finanza

Fondo perduto, il riferimento all’apertura della partita Iva può ridurre gli aiuti

Le criticità per chi ha iniziato davvero ad operare mesi dopo l’apertura e chi ha registrato sbalzi nei volumi

Il riferimento secco nel fondo perduto del decreto Sostegni (articolo 1, Dl 41/2021) all’apertura della partita Iva senza la possibilità di tenere conto di situazioni fattuali che non rendono comparabili i dati di fatturato e corrispettivi 2019 e 2020 rischia di penalizzare ingiustamente sul campo diverse posizioni.

Si pensi, ad esempio, a chi nel 2020 ha gestito un’attività diversa, solo per volumi, rispetto a quella del 2019. L’esempio è di chi alla fine del 2019 nel settore del dettaglio ha aperto nuovi negozi oltre a quelli già gestiti. Costui si trova con un volume complessivo di operazioni attive 2020 non comparabili con quelle del 2019 per effetto della o delle nuove aperture, per cui è improbabile che riesca a rispettare il requisito del calo minimo, nonostante, assumendo i dati riferiti alle singole attività esercitate, esso si sia ampiamente manifestato.

Un altro caso piuttosto frequente riguarda chi ha aperto partita Iva nel 2019 con inizio effettivo dell’attività solo nei mesi successivi.

Il meccanismo di calcolo che determina l’entità del contributo basato sulla sussistenza del calo minimo del 30% dell’ammontare medio mensile di «fatturato e corrispettivi» realizzato nel 2020 rispetto al volume realizzato nel 2019, risente inevitabilmente del fatto che la media del fatturato si determina con decorrenza dall’apertura della partita Iva (segnatamente dal mese successivo) e non dall’inizio dell’attività. E nel caso di specie, più è lungo l’arco di tempo che decorre dall’apertura della partita Iva all’effettivo inizio dell’attività e più la situazione peggiora. Si pensi al caso classico di una start up che ha aperto partita Iva a gennaio 2019, al fine di sostenere i costi e gli adempimenti necessari per permettere l’effettivo avvio dell’attività avvenuto solo a partire dal mese di settembre.

In questo caso il confronto 2020 su 2019 evidenzia un calo di fatturato se si confronta la media mensile di settembre-dicembre 2019 con quella del 2020. Ma se si fa il confronto tra la media mensile di febbraio-dicembre 2019 e quella del 2020 emerge un aumento di fatturato, perché pesano i mesi “a zero” che mandano fuori giri il calcolo della media 2019, rendendo così impari il confronto fra le due annualità. In casi come questo, sarebbe stato più equo un confronto con decorrenza dall’effettivo inizio dell’attività (Camera di commercio) piuttosto che dall’attivazione della partita Iva. In questa ipotesi spetta comunque il contributo minimo, pari a 1.000 euro per le persone fisiche, e 2mila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Con il provvedimento emesso il 29 marzo scorso, infatti, l’agenzia delle Entrate attraverso una correzione del testo iniziale che regola il contributo a fondo perduto (provvedimento 77923 del 23 marzo 2021) ha essenzialmente chiarito che il contributo spetta, per chi ha aperto partita Iva successivamente al 31 dicembre 2018 a prescindere dalla circostanza che costoro abbiano registrato un calo del 30% della media mensile del fatturato del 2020 rispetto alla corrispondente media del 2019. Sul punto si ricorda altresì che la percentuale indennizzabile è applicata al calo della media mensile di fatturato calcolata per i soli mesi successivi a quello di attivazione della partita Iva. Quindi in caso di apertura della partita Iva a gennaio 2019, va preso in considerazione solo il fatturato a partire dal mese di febbraio e la media va calcolata su 11 mesi anziché su 12.

A maggior ragione il contributo spetterà solo in misura minima per i soggetti che hanno aperto partita Iva nel corso del 2020. Per costoro infatti manca il confronto con il 2019.

Resta per il contributo sostegni, come già è stato per i bonus rilancio e ristori, la criticità di fondo di riferire l’aiuto ai volumi delle sole operazioni attive Iva. Se da un lato tali dati sono piuttosto agevoli da identificare e controllare, dall’altro, però, sono meno significativi, almeno per le imprese, dei ricavi. Ecco, se si vuole pensare ad un meccanismo orientato al ristoro degli effettivi danni economici da Covid in una logica di perequazione complessiva, bisognerebbe intervenire assumendo come parametro di riferimento quanto meno il calo dei ricavi tra 2020 e 2019.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©