Imposte

Forfettari, stop al regime se i compensi arrivano in prevalenza dall’ex datore

Rientrano nella causa ostativa i redditi erogati ad amministratori e collaboratori di società mentre restano esclusi i compensi erogati a sindaci e ai revisori di società

di Alessandra Caputo

Lo svolgimento di attività prevalentemente nei confronti del datore di lavoro (ex o attuale) non consente l’applicazione del regime forfettario. Lo prevede la lettera d-bis) del comma 57 della legge 190/2014, che contiene l’elenco delle cause ostative, vale a dire delle situazioni che sono incompatibili con il regime forfettario.

La disposizione, che è stata aggiunta nel corpo del comma 57 dalla legge 145/2018, con decorrenza 2019, prevede, più nel dettaglio, che non possono applicare il regime forfettario coloro che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o lo erano nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.

La ratio perseguita dal legislatore è quella di evitare artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo, prevedendo a tal fine un periodo di sorveglianza, pari a due anni. Resta inteso che qualora il rapporto di lavoro sia cessato anteriormente ai due periodi di imposta precedenti a quello di applicazione del regime forfettario non dovrà essere effettuata alcuna verifica della prevalenza.

La verifica delle condizioni

Per verificare se questa causa ostativa trovi o meno applicazione, occorre prestare attenzione a tre elementi.

Il primo aspetto da analizzare attiene al concetto di «datore di lavoro». La circolare 9/E/2019 ricorda che la lettera d-bis) ricomprende nel suo ambito di applicazione i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del Tuir. Pertanto, sono, in linea generale «datori di lavoro» coloro che erogano questi redditi. Sono, tuttavia, previste delle eccezioni. Anzitutto, la stessa circolare prevede che coloro che percepiscono redditi di pensione (che, si ricorda sono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente) non incorrono nella causa ostativa se il pensionamento è obbligatorio per legge. Per quanto, invece, riguarda i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, la circolare 9/E/2019 dell’agenzia delle Entrate chiarisce che rientrano nell’ambito di applicazione della causa ostativa, ad esempio, i redditi erogati ad amministratori e collaboratori di società mentre restano esclusi i compensi erogati a sindaci e i revisori di società.

Il secondo aspetto da considerare riguarda la modalità di calcolo della prevalenza. Anche in questo caso è di aiuto la circolare 9/E/2019 secondo cui occorre far riferimento ai ricavi o compensi percepiti nell’anno. Ad esempio, su compensi pari a 50mila euro, quelli fatturati al datore/ex datore di lavoro non possono essere superiori a 25mila euro, pena la perdita del regime forfettario.

L’ultimo aspetto da analizzare riguarda il momento in cui la verifica del requisito della prevalenza va effettuata, che coincide con il termine del periodo d’imposta: solo in questo momento, infatti, è possibile verificare quanto del fatturato conseguito sia riferito al datore/ex datore di lavoro.

Si consideri, ad esempio, un contribuente che nel 2021 ha applicato il regime forfettario perché in possesso dei requisiti di legge e che abbia effettuato operazioni nei confronti del suo ex datore: se alla fine dell’anno risulta che più del 50% del fatturato è rivolto all’ex datore di lavoro, scatta la causa ostativa e decade dal regime forfettario dall’anno successivo.

Le eccezioni

L’agenzia delle Entrate, in diverse risposte ad interpello, ha avuto modo di precisare che questa causa ostativa non opera poi ogniqualvolta possa escludersi che la fattispecie comporti una artificiosa trasformazione da lavoro dipendente a lavoro autonomo.

Ciò accade, ad esempio, nel caso dei contribuenti che percepiscono un compenso di lavoro autonomo dalle aziende sanitarie oltre che un reddito di lavoro dipendente (risposta a interpello 116/2019) o nel caso di soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio ai fini dell’esercizio di arti o professioni (risposta 108/2020).

Non fa scattare la causa ostativa nemmeno la presenza di contratti «misti», ovvero di contratti con cui in contribuente intrattiene, con lo stesso soggetto, sia un rapporto di lavoro professionale che uno subordinato (risposta 484/2019), né il caso di contribuenti che sono “obbligati” all’apertura della partita Iva a seguito della vittoria di un concorso pubblico presso l’ente datore di lavoro (risposta 163/2019).

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