Contabilità

Fusioni, la rivalutazione precede l’imputazione del disavanzo

Molti i quesiti dei lettori sulle operazioni con effetti retroattivi svolte nel 2020. Il patrimonio netto dell’incorporata è quello dell’esecizio precedente

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di Marco Piazza

Molti dei quesiti posti dai lettori al forum di Telefisco 2021 sulla rivalutazione dei beni d’impresa riguardano casi di operazioni di fusione o scissione con effetti contabili e fiscali retroattivi svolte nel 2020.

Si tratta di comprendere se l’imputazione del disavanzo al valore dei beni ricevuti dall’incorporante o beneficiaria debba avvenire prima o dopo la rivalutazione dei beni dell’incorporata o scissa.

Nel primo caso, infatti non vi sarebbe, di norma, molto spazio per effettuare anche la rivalutazione considerato che essa può riguardare solo la differenza fra il valore economico dei beni alla data di riferimento e il suo valore contabile.

Il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti per effetto dell’imputazione del disavanzo potrebbe essere ottenuto solo affrancandoli con il regime ordinario (articolo 172, comma 10-bis e 173, comma 15-bis del Testo unico o quella di cui all’articolo 15, comma 10 del Dl 185/08) che comporta il pagamento di una imposta sostitutiva decisamente maggiore di quella dovuta in caso di opzione per la rivalutazione generale.

Non appare però ragionevole che si perda la possibilità di accedere alla rivalutazione solo per il fatto di aver partecipato a fusioni o scissioni nel 2020.

Il problema è prima di tutto contabile. Concentrandoci sulla fusione (ma gli argomenti valgono anche per la scissione). Va detto che alla data di effetto giuridico dell’operazione le scritture della società fusa diventano una sorta di contabilità “sezionale” dell’incorporante dalla quale risultano le operazioni compiute dall’incorporata dall’inizio dell’esercizio al momento dell’effetto giuridico della fusione.

In questa contabilità, si faranno le scritture di consolidamento di cui al paragrafo 4.4.2.1 dell’Oic 4 (annullando le operazioni compiute, nel periodo, fra incorporata e incorporante e gli eventuali dividendi infragruppo) e poi si procederà a determinare l’eventuale differenza di fusione(Oic 4, paragrafo 4.4.3.).

A tal fine, si confronta la partecipazione annullata o l’aumento di capitale dell’incorporante con il patrimonio netto della incorporata.

L’Oic precisa che il patrimonio netto dell’incorporata è quello risultante dall’ultimo esercizio anteriore a quello della fusione, ma aggiunge «in assenza di operazioni che abbiano interessato le altre voci del patrimonio netto».

Se la rivalutazione dei beni dell’incorporata rientrasse nel concetto di “altre voci del patrimonio netto”, ridurrebbe il disavanzo (potendo in qualche caso generare anche un avanzo).

Ove si aderisse a questa impostazione potrebbe essere opportuno, per chiarezza, inserire in nota integrativa un prospetto che dettagli le variazioni del patrimonio dell’incorporata fra l’inizio dell’esercizio e la data di effetto giuridico della fusione, fra le quali la riserva di rivalutazione (si veda per analogia, Consob, raccomandazione n. 0062667 del 4-5-2017).

La circostanza che la rivalutazione non risulti da un bilancio approvato dagli organi della società incorporata, perché non più esistenti a causa della fusione, non costituirebbe un problema perché la rivalutazione, iscritta nel bilancio dell’incorporante, sarà approvata dagli organi di quest’ultima.

Occorre, a questo punto, distinguere la rivalutazione “alberghi” di cui all’articolo 6-bis del Dl 23/20 da quella generale di cui all’articolo 110 del Dl 104/20.

La prima, infatti, a differenza della seconda, ha efficacia dall’esercizio stesso in cui viene eseguita.

Quindi gli ammortamenti di competenza dell’esercizio della rivalutazione (di norma, il 2020) saranno calcolati sui valori rivalutati.

Pertanto, la scrittura contabile di rivalutazione, pur essendo materialmente eseguita nella data in cui viene decisa, è pacificamente retrodatata alla data di effetto contabile e fiscale della fusione.

Gli effetti della rivalutazione generale di all’articolo 110, invece, sono posticipati all’esercizio successivo a quello di rivalutazione (per gli ammortamenti).

Il documento interpretativo Oic 7 in consultazione (paragrafo 15) afferma che, nel bilancio in cui è eseguita la rivalutazione, gli ammortamenti sono calcolati sui valori non rivalutati, in quanto la rivalutazione è ritenuta un’operazione successiva e pertanto l’ammortamento di tali maggiori valori è effettuato a partire dall’esercizio successivo alla loro iscrizione.

Questa precisazione si riferisce evidentemente alla sola tematica degli ammortamenti e ha portata limitata all’articolo 110 del Dl 104/20.

Non dovrebbe escludere che la società incorporante possa considerare la rivalutazione come operazione antecedente all’imputazione del disavanzo.

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