Guardia di Finanza: il ravvedimento operoso sulle accise non sana il reato tributario
Il ravvedimento operoso di un’omissione o irregolarità in materia di accise e tributi doganali non esclude l’eventuale responsabilità penale, diversamente da quanto stabilito in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. È quanto emerge dalla circolare di ieri del III reparto operazioni del comando generale della Guardia di Finanza, che chiarisce l’applicazione della «estensione dell’istituto del ravvedimento operoso allargato al comparto delle accise e dei tributi doganali amministrati dall’agenzia delle Dogane e dei Monopoli».
Già le Dogane il 30 maggio aveva precisato che il ravvedimento si perfeziona con il pagamento della penalità ridotta e degli interessi al tasso legale, senza indennità di mora e
che la contestazione delle irregolarità non sottrae al contribuente la possibilità di presentare un ravvedimento.
Ora la circolare della Guardia di Finanza chiarisce ulteriori aspetti di non poco conto. A partire dalla valutazione sull’esigenza o meno di compiere gli accertamenti su quei soggetti che hanno manifestato l’intenzione di avvalersi del ravvedimento operoso. In questo caso, si precisa che per stanare il “furbetto” e accertare la sua reale volontà, basterà esaminare i modelli di versamento «F24 accise» (presenti nella banca dati Serpico) per confermare l’ipotesi di ravvedimento. Non solo, perché l’agenzia delle Dogane – con un nuovo documento allegato alla circolare della Finanza – offre agli investigatori del Fisco la possibilità di accedere a dati e informazioni provenienti dai propri uffici locali, anche quelle non riportate nelle banche dati della Guardia di Finanza, proprio per verificare le intenzioni di voler estinguere il debito.
Un capitolo rilevante riguarda «gli effetti derivanti dal ravvedimento». La circolare del III reparto precisa che il ravvedimento di «un’omissione o irregolarità in materia di accise e tributi doganali» non prevede «cause di non punibilità». Il particolare non è di poco conto, perché se pure il contribuente salda il debito col ravvedimento, qualora nel corso delle attività ispettive emergano ipotesi di reato ci dovrà essere comunque comunicazione all’autorità giudiziaria. Un aspetto che differisce da quanto invece previsto sul fronte delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto (legge sui reati tributari), in cui si afferma che tra le cause di non punibilità c’è proprio l’estinzione integrale degli importi dovuti (entro e non oltre la prima udienza dibattimentale).
La circolare, infine, spiega che durante l’attività ispettiva, al contribuente si dovrà indicare, espressamente, la possibilità di sanare spontaneamente “errori e/o omissioni”, precisando che comunque “l’adempimento volontario” non preclude né l’accertamento in corso né la verbalizzazione degli eventuali illeciti riscontrati