Contabilità

Il bilancio «pesa» i rischi legati ai reati tributari

di Massimiliano Tasini

La “concentrazione” delle sanzioni tributarie in capo agli enti societari, decisa dall’articolo 7 del decreto legge 269/2003, ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli amministratori. Si era così disinnescato il dibattito sulla possibilità di attivare polizze assicurative (anche fantasiose) per neutralizzare il peso degli accertamenti tributari nei loro confronti.

Il tema si era poi riproposto con l’articolo 1, comma 143, della legge 244/2007 (poi abrogato dal decreto legislativo 158/2015), che aveva reso patrimonialmente responsabili gli amministratori per il “beneficio” ottenuto perpetrando il reato (ovvero l’imposta), laddove fosse contestato un reato penal-tributario (salvo in origine l’occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 74/2000): la procura è infatti tenuta a chiedere il sequestro finalizzato alla successiva confisca nei confronti dell’autore del reato (anche nella veste di concorrente).

A incrinare questo schema è stata la Cassazione a Sezioni unite che, con la sentenza 10561/2014, ha affermato che «è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica»: tesi peraltro opinabile, dato che gli illeciti penali tributari non figurano tra i reati presupposto che danno luogo alla responsabilità dell’ente.

Ne risulta un quadro nel quale le società, soprattutto quelle di capitali, non possono non porsi il problema dell’impatto degli accertamenti tributari. Esse infatti rispondono non solo dell’imposta ma anche di sanzioni e interessi. E di ciò devono dare conto nel bilancio di esercizio, per evitare l’esposizione di patrimoni netti solo apparenti.

Ovviamente, l’amministratore dovrà esprimere un giudizio prognostico sull’esito del procedimento o del processo avviato sull’atto, traendo le necessarie conseguenze in termini di effetti sul bilancio di esercizio, a seconda che il debito possa dirsi certo, probabile o solo possibile. Così come dovrà tenere conto che, medio tempore, il patrimonio potrebbe essere colpito dalle misure che l’ordinamento prevede quando ricorrono i presupposti di legge, vale a dire sequestri finalizzati alla confisca (il che presuppone una potenziale responsabilità penale) nonché, con riferimento ai poteri degli agenti della riscossione, pignoramenti presso terzi (rafforzati dal decreto legge 50/2017).

La mancanza di un’adeguata valorizzazione di questi aspetti espone inevitabilmente gli amministratori a molteplici e rilevanti responsabilità sul piano penale, quali l’incorrere nel reato di falso in bilancio ovvero, per l’ipotesi del fallimento, di bancarotta; e ciò anche per eventi accaduti dopo la chiusura dell’esercizio ma anteriori all’approvazione del bilancio.

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