Controlli e liti

Il boom degli accertamenti a rate vanifica il contraddittorio

di Giorgio Gavelli e Renato Sebastianelli

L’ammissibilità dell’accertamento parziale fa spesso discutere Fisco e contribuenti. Ed è probabile che continuerà a essere così, anche se dovesse essere approvata la norma contenuta nella proposta di legge in tema di semplificazione fiscale ora all’esame della Camera (Ac 1074) in prima lettura, dopo il il parere favorevole delle Commissioni.

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La norma punta a formalizzare nell’ordinamento un obbligo per il Fisco di invitare al contraddittorio il contribuente prima di emettere un avviso di accertamento, a pena di invalidità dell’atto qualora il contribuente dimostri, in sede contenziosa, le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato. Stando al testo attuale, le novità dovrebbero applicarsi agli avvisi di accertamento emessi dal 1° luglio 2020, ma sarebbero escluse nei seguenti casi:
quando c’è particolare urgenza, specificamente motivata, o fondato pericolo per la riscossione;
quando il contribuente è già in possesso di copia del verbale di chiusura delle operazioni da parte dell’organo di controllo (ipotesi in cui scattano già le misure previste dall’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000),
in caso di emissione di avvisi di accertamento (o rettifica) parziale, previsti dall’articolo 41-bis del Dpr 600/1973 e dall’articolo 54, terzo e quarto comma, del Dpr 633/72.

Quest’ultima esclusione, in linea di principio comprensibile, è in contrasto con la dilatazione che tale forma di accertamento ha avuto a seguito dell’interpretazione delle Entrate e della Cassazione, al punto che, dal lato pratico, ben pochi sono gli accertamenti “non parziali”.

Sono parziali gli accertamenti che, secondo le disposizioni citate, possono essere effettuati a seguito delle attività istruttorie previste ai primi quattro commi dell’articolo 32 del Dpr 600/73 (accessi, inviti, questionari) o da segnalazioni giunte da altre strutture dell’amministrazione finanziaria. La caratteristica è che essi vengono emessi «senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice», mentre l’accertamento “non parziale” può essere integrato o modificato in aumento solo in seguito alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, da specificare, a pena di nullità, nell’avviso “integrativo” (articolo 43, comma 3, Dpr 600/73 e articolo 57 Iva). Inoltre, se un accertamento viene definito in adesione, i nuovi elementi che consentono all’ufficio di riaprire la posizione devono essere tali (nelle imposte sui redditi) da rendere possibile l’accertamento di un maggior reddito superiore al 50% di quello definito e, comunque, non inferiore a 77.468,53 euro, a meno che (ancora una volta) non si tratti di un accertamento parziale, nel qual caso non vi sono limiti se non quelli temporali.

Per come erano stati concepiti, gli accertamenti parziali dovevano caratterizzarsi per la mancanza di una attività istruttoria, derivando da controlli incrociati o informazioni assunte presso terzi. Già la circolare 235/1997, però, ha affermato che anche una verifica generale può essere tradotta (e normalmente lo è) in un accertamento parziale. E in questa direzione va il testo dell’articolo 41-bis modificato dalle Finanziarie 2005 e 2011. Oltretutto, contrariamente a quanto sostenuto in dottrina, per la Cassazione gli accertamenti parziali si estenderebbero anche a quelli di natura presuntiva (da ultimo: ordinanza 25018/2018) o induttiva (sentenza 15826/2018).

Ne emerge una sostanziale libertà all’uso dell’accertamento parziale (e di quello integrativo), spesso motivo di contenzioso. Le liti riguardano non solo i presupposti per l’emissione dell’avviso parziale, ma anche le condizioni per l'accertamento integrativo e la tipologia di informazioni che possono innescarlo (si veda il grafico). Ed è probabile che tutto questo contenzioso si riproporrà in futuro se davvero gli accertamenti parziali verranno sottratti indistintamente (e non solo quelli “auotomatizzati”) all’onere del contraddittorio preventivo.

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