Controlli e liti

Il coacervo fra donazioni e successione sfugge all’imposta sulla massa ereditaria

L’ordinanza 22738 della Cassazione conferma l’esclusione ma l’agenzia delle Entrate non si è ancora adeguata

di Angelo Busani

Conferma della Cassazione (ordinanza 22738/2020) sul punto che la normativa del coacervo tra donazioni e successione ereditaria è abrogata e che quindi l’amministrazione non può tassare, con l’imposta di successione, la massa ereditaria tenendo conto anche delle donazioni effettuate in vita dal defunto.

Si tratta di una questione sulla quale la Cassazione si era già espressa nel medesimo senso (decisioni n. 26050/2016 e 24940/2016) e che ora viene ribadita con riguardo a una donazione intervenuta nel 2006, vale a dire nel periodo in cui l’imposta di successione era soppressa. In primo grado, l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia aveva preteso una maggior imposta era stato confermato; mentre, in secondo grado e, appunto, in Cassazione, la tesi del fisco è stata reputata illegittima. L’Agenzia non ha ancora preso formalmente atto di questo orientamento che la Cassazione ha inaugurato nel 2016.

Il coacervo è l’istituto in base al quale:
• il valore di una precedente donazione deve essere sommato a quello di una donazione successiva (articolo 57, comma 1, del Dlgs 346/1990, il testo unico dell’imposta di successione e donazione, in acronimo Tus);
• il valore di una precedente donazione deve essere sommato a quello della massa ereditaria (articolo 8, comma 4, Tus).
La somma del valore dell’episodio precedente con il valore all’evento successivo non deve essere effettuata al fine di sottoporre a tassazione l’intero risultato che si ottiene, ma al fine di evitare la moltiplicazione della franchigia non imponibile (del valore di 1 milione di euro nei trasferimenti tra coniugi e parenti in linea retta; e di 100mila euro nei trasferimenti tra fratelli e sorelle). In altre parole: se in una prima donazione tra padre e figlio si tassa il valore di 800mila e poi viene posta in essere una donazione di 500mila euro, la prima donazione rientra per intero nella franchigia non imponibile, mentre la seconda è tassata per 300mila euro, in quanto, per effetto della prima donazione, resta spazio per una franchigia di soli 200mila euro.
Ebbene, le due norme (gli articoli 8, comma 4, e 57, comma 1, Tus) appaiono formalmente vigenti. Senonché:
a) con le sentenze 24940 e 26050 del dicembre 2016 (confermate, dunque, dall’ordinanza 22738/2020) la Cassazione ha deciso che l’articolo 8, comma 4, Tus, in tema di coacervo tra donazioni e attribuzioni mortis causa, deve intendersi esser stato implicitamente abrogato dall’articolo 69, legge 342/2000;
b) con la sentenza 11677/2017, la Cassazione ha deciso invece che il coacervo tra donazioni (non solo è vigente, ma) si effettua tenendo conto anche di quelle stipulate dal 25 ottobre 2001 al 28 novembre 2006, vale a dire nel periodo in cui l’imposta di successione rimase priva di vigenza (in quanto abrogata dall’articolo 13, comma 1, legge 383/2001, e re-istituita dall’articolo 2, comma 47, del Dl 262/2006).

Tralasciando ogni commento sul punto che solo nel 2016 ci si è accorti di una abrogazione intervenuta 16 anni prima e sul punto che l’agenzia delle Entrate a tutt’oggi ritiene vigente la norma sul coacervo tra donazioni e successione ereditaria (lo si dice chiaramente, ad esempio, nelle istruzioni alla dichiarazione di successione), il ragionamento della Cassazione sull’intervenuta abrogazione dell’articolo 8, comma 4, Tus, si fonda sull’idea che il coacervo non è più attuale in quanto venne concepito “a tutela” degli scaglioni di valore imponibile tassati con aliquota progressiva che caratterizzavano l’impostazione dell’imposizione successoria anteriormente alla legge 342/2000.

Con la legge 342, infatti, il sistema dell’aliquota progressiva, applicata a scaglioni di valore imponibile di valore via via più elevato, venne sostituito con l’attuale sistema caratterizzato invece da un’aliquota unica, applicata all’intero valore imponibile (al netto delle franchigie riservate ai trasferimenti intraconiugali o tra parenti in linea retta e ai trasferimenti tra fratelli e sorelle). Questa radicale nuova impostazione del sistema dell’imposizione successoria legittima, dunque, secondo la Cassazione, la tesi che l’articolo 8, comma 4, Tus, deve intendersi depennato dalla legislazione vigente.

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