Il CommentoControlli e liti

Il condono si giustifica se c’è un patto di fiducia tra Fisco e contribuenti

di Enrico De Mita

La lettura dei testi della legge diBbilancio in discussione consente alcune considerazioni sistematiche, comunque vada a finire.

Eliminare le pendenze tributarie a colpi di sanatorie è tanto banale quanto trovare coperture finanziarie aumentando le imposte rendendo il carico fiscale più iniquo che intollerabile.

Anzitutto la formulazione del presupposto deve procedere dalla comprensione del fatto tassabile. Cosa che non sta accadendo per le regole di tassazione delle cripto valute e delle cripto attività, regole che sembrano scritte senza alcuna conoscenza del fenomeno che si pretende di tassare, con un effetto distorsivo doppio: la sanatoria precede la tassazione; mentre la tassazione si rifiuta di indagare l’atipicità del fenomeno delle attività crypto, lo insegue nel passato e lo traduce, meglio lo trasforma, in reddito diverso di natura finanziaria.

In generale, il pagamento delle imposte non può essere un regolamento di conti tra lo Stato e il contribuente. L’esercizio della funzione impositiva non può assumere i connotati di un atto di sopraffazione che il cittadino contrasta fino alla “tregua” o alla “pace fiscale”, da ultimo dichiarata dallo Stato quando la riscossione coattiva di un credito sperato accetta la moneta fallimentare del pagamento obbligatoriamente spontaneo del privato, puntuale solo all’appuntamento con i saldi tributari.

Sembra che, come l’ultima frontiera, che delimita il terreno dell’evasione dell’imposta, appaia la rottamazione dei crediti deteriorati. Il versamento di pochi denari non può essere il traguardo esiziale di un inseguimento del debitore che cessa solo per sfiancamento del creditore. Il terreno di discussione va sottratto all’ideologia manichea della politica di basso cabotaggio, che non comprende la complessità e semplifica, vestendo occhiali daltonici, la sostanza in gioco di colori.

Non c'è nessuno scandalo nei condoni che sono sempre esistiti come concordato legale proteiforme, in cerca di un’etichettatura che lo renda più o meno presentabile ed eticamente plausibile. Semmai lo scandalo è accettare una periodicità strutturale, una ricorrenza ciclica dei condoni. Se l’evasione è un fenomeno di massa, occorre un intervento sistematico, nel tempo medio, fatto di più misure, perché i cittadini acquistino fiducia nello Stato e paghino volontariamente un’imposta sopportabile, in un sistema tributario stabile e certo.

La nuova educazione fiscale procede dalla creazione di un sistema tributario che abbia una logica complessiva e nel quale fisco e contribuente siano entrambi pedagogicamente formati dal legislatore a non confondere tassazione ed espropriazione.

Nella giurisprudenza costituzionale la violazione dell’articolo 42 e la violazione dell’articolo 53 della Costituzione si muovono su piani diversi: le imposte patrimoniali sono costituzionali solo se possono essere pagate con il reddito e non siano pertanto espropriative (21/1996). La nostra Corte ha ribadito (111/1992) l’estraneità della materia espropriativa all’ambito dell’articolo 53 della Costituzione.

D’altra parte, solo in Italia mancano norme fiscali che impediscano l’effetto espropriativo di tassazioni eccessivamente elevate. Non così in Francia, Germania, Irlanda, Olanda ccetera, attente a consentire un trattamento equitativo nel caso in cui l’imposta risulti uno strozzamento fiscale del contribuente e colpisca l’intero reddito.

Un effetto strangolatore del fisco iniquo, quando l’imposta incide sulla proprietà, produce la violazione della tutela della proprietà e della capacità contributiva (articoli 42 e 53 della Costituzione). Tale effetto è certamente incostituzionale, perché non tiene conto della persona del contribuente o della sua situazione economica.

La giurisprudenza costituzionale non ha mai affrontato la questione, che non è mai stata posta, dell’effetto espropriatorio di un’imposta nei confronti di singoli soggetti sicché si renda necessario un provvedimento equitativo.

D’altra parte, in Italia, il contribuente raramente ha sentito la dignità di partecipare alla vita dello Stato. L'imposta – ricordava Gobetti – gli è imposta. Manca la coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana.

Dal 1971 manca una riforma complessiva.

Il Pnrr può finalmente costringere ad attuare la lezione di Vanoni sul tema della “sopportabilità dell’imposta”: una tassazione non così alta da mettere il contribuente nella necessità di evadere o di sospendere la sua attività economica. Il tributo più che “imposta”, deve essere punto di identificazione e non di soggezione.

Il nodo fondamentale si coglie, quindi, nella sua sopportabilità: l’imposta non deve scoraggiare la produzione del reddito né diventare causa tecnica di evasione. Il sistema tributario deve fondarsi su un rapporto di fiducia e di collaborazione tra cittadino e fisco. Difendendo la razionale applicazione dei tributi, si difende non una legge formale dello Stato, ma l’essenza stessa della vita dello Stato (Vanoni).

Gli evasori usciranno allo scoperto solo con la riduzione delle imposte.

Ha collaborato Francesco Cesare Palermo