Professione

Il conto in banca con denaro sporco configura il riciclaggio

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di Patrizia Maciocchi

Riciclaggio e non ricettazione per chi deposita in banca denaro di provenienza illecita, allo scopo di farlo sostituire con banconote pulite. La Cassazione, con la sentenza 52549/2017 di ieri , accoglie il ricorso del Pubblico ministero che chiedeva di riqualificare il reato, commesso dagli imputati, in riciclaggio dopo la decisione della Corte d’appello di condannare per la più lieve fattispecie di ricettazione.

Nel mirino dei giudici era finita la condotta degli imputati che avevano aperto libretti di risparmio, intestati a persone di fantasia o, comunque all’oscuro dell’operazione, utilizzando falsi documenti di identità. Un sistema che consentiva ai ricorrenti di utilizzare il denaro erogato dalla banca, in sostituzione di quello “sporco” transitato sui conti correnti. Un’operazione di money washing che, per la Cassazione, non può certamente ricadere nel raggio d’azione della norma che punisce la ricettazione.

Il riciclaggio si distingue, infatti, dalla ricettazione «per l’elemento materiale che si connota per l’idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene e per l’elemento soggettivo costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione».

Perché scatti il reato non è neppure necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso del denaro provento di truffa ma è sufficiente che la possibilità di risalire all’origine sia ostacolata.

I giudici precisano che commette il reato di riciclaggio chi versa denaro di provenienza illecita sul conto di una società fiduciaria senza un formale incarico da parte del proprietario della somma, rendendo così più difficile la tracciabilità.

La Cassazione cita dei casi specifici. Sono state condannate per riciclaggio due donne del clan che, nascondendo di essere mogli di boss della camorra dediti al narcotraffico, avevano intestato milioni di euro a una società fiduciaria, ottenendo, grazie allo “smobilizzo” dell’investimento, l’emissione in loro favore di assegni circolari. Riciclaggio in “famiglia” anche per il padre che versa 99 assegni circolari proventi di truffa nei conti correnti intestati ai figli.

Spiegato il meccanismo la Cassazione annulla la sentenza e rinvia, respingendo anche la tesi di un imputato, secondo il quale la banca, che si era costituita parte civile, doveva essere estromessa dal giudizio.

I giudici spiegano che esiste un interesse della parte civile a partecipare in sede di legittimità quando il Pm chiede una qualificazione in “peggio” del fatto, perché per effetto della vittoria dell’accusa può “lievitare” il danno morale per i turbamenti e il patema d’animo sofferto dalla vittima. Ed è questo il caso

Cassazione, sentenza 52549/2017

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