Diritto

Il fondo patrimoniale non paga i debiti d’impresa o professionali

Le obbligazioni assunte per l’attività sono estranee ai bisogni familiari

ADOBESTOCK

di Angelo Busani

Le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, per «nozione di comune esperienza» hanno «uno scopo normalmente estraneo ai bisogni della famiglia» e, quindi, «la finalità di sopperire ai bisogni della famiglia non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa».
Ne consegue che i beni vincolati in fondo patrimoniale non sono pignorabili dal creditore il quale pretenda di affermare l’esistenza di una presunzione secondo cui le fideiussioni prestate in relazione a un’attività imprenditoriale dovrebbero «ritenersi rientrare nell’alveo di quelle prestate nell’interesse della famiglia».
Niente connessioni automatiche
È quanto deciso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 2904 dell’8 febbraio 2021, con la quale si esclude, dunque, una connessione automatica tra i debiti assunti per ragioni professionali o imprenditoriali e la soddisfazione dei bisogni della famiglia del debitore mediante l’assunzione di detti debiti: si tratta di un’affermazione assai rilevante, in quanto i beni del fondo patrimoniale, come noto, non sono escutibili per i «debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (articolo 170 del Codice civile).
Secondo la decisione 2904/2021, il giudice della legittimità nega, dunque, che, nella maggior parte dei casi (l’id quod plurumque accidit) il professionista o l’imprenditore, nell’esercizio della loro attività professionale o imprenditoriale, assumano, «debiti non già al fine» dell’espletamento della loro attività lavorativa «bensì per direttamente ed immediatamente sopperire ai bisogni della famiglia».
Infatti, le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale «risultano per converso avere di norma un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale, solo indirettamente e mediatamente potendo assolvere (anche) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia».
Invero, si ha soddisfazione dei bisogni della famiglia, solo «se e nella misura in cui» il coniuge, in adempimento dei propri doveri» di contribuire ai bisogni della famiglia, «vi faccia fronte» «con i proventi della propria attività professionale o imprenditoriale».
In altre parole, nella maggior parte dei casi, «l’atto di assunzione del debito è eccezionalmente volto ad immediatamente e direttamente soddisfare i bisogni della famiglia», essendo dunque a carico del creditore l’onere di provare che, nello specifico caso concreto (Cassazione, sentenze 12998/2006, 15862/2009, 15886/2014), il debito è stato contratto per soddisfare i bisogni della famiglia e di poter derivare, da tale prova, la pignorabilità dei beni vincolati nel fondo patrimoniale.
L’onere della prova
Quindi, è ben vero che la prova dei presupposti di impignorabilità di cui all’articolo 170 del Codice civile grava sul debitore che intenda avvalersi della protezione scaturente dal vincolo del fondo patrimoniale, il quale deve dunque dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia (Cassazione 5684/2006, 297/2013, 4011/2013, 5385/2013, 1652/2016).
Ma è anche vero che, una volta addotta dal debitore l’estraneità dell’obbligazione assunta rispetto alla soddisfazione dei bisogni della famiglia spetta al creditore argomentare, ad esempio, che una fideiussione sia stata rilasciata dal debitore «non già quale atto di esercizio della propria attività imprenditoriale volto a garantire la banca in ordine agli affidamenti concessi funzionali allo svolgimento dell’attività della società (di cui era socio), quanto bensì per sopperire ai bisogni della famiglia».

LE INDICAZIONI DEI GIUDICI
1. La revocabilità del fondo
L'istituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace con l’azione revocatoria ordinaria, ove ne sussistano i presupposti.
Cassazione 4933/2005

Cassazione 24757/2008

2. L’atto di valore etico
L’azione revocatoria non soffre limitazioni dal fatto che l’atto oggetto di revoca abbia «un profondo valore etico e morale», come, ad esempio, il trasferimento della proprietà di un bene effettuato a seguito della separazione personale per adempiere all’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge.
Cassazione 15603/2005

3. Debito e bisogni di famiglia
Il criterio che indentifica i crediti che possono essere soddisfatti in via esecutiva sui beni vincolati nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura (contrattuale o extra contrattuale) delle obbligazioni assunte ma nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati originati e i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo può avere luogo qualora la ragione del rapporto obbligatorio abbia inerenza diretta e immediata con i bisogni della famiglia
Cassazione, 11230/2003

Cassazione, 16176/2018

4. I bisogni della famiglia”
I bisogni della famiglia sono da intendersi non in senso restrittivo (riferiti cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia) bensì nel senso di ricomprendere anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento, al benessere e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi
Cassazione 4011/2013

Cassazione,20998/2018

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