Il notaio può dedurre dall’Irap anche i contributi repertoriali
I contributi repertoriali versati dai notai alla Cassa previdenziale di categoria sono componenti negativi deducibili dal reddito professionale e, dunque, rilevano non solo ai fini Irpef, ma anche ai fini Irap. Si tratta, infatti, di spese inerenti all’attività professionale, visto che sono poste dalla legge direttamente a carico del professionista e non del cliente. Di fatto vanno corrisposte comunque e solo dal notaio, indipendentemente dall’effettiva riscossione del corrispettivo della prestazione nei confronti del cliente, oppure della gratuità della stessa. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Ctp di Vicenza con la sentenza 222/3/2017 depositata il 17 marzo scorso (presidente Tomaselli, relatore Forte).
La pronuncia trae origine dall’ormai annosa e dibattuta questione della deducibilità dei contributi previdenziali versati alla Cassa nazionale del Notariato: ad oggi non è ancora pacifico, infatti, se tali oneri siano o meno deducibili dal reddito complessivo del professionista (articolo 10 del Dpr 917/86) o dal reddito di lavoro autonomo (articolo 54 del Dpr 917/86).
La Corte suprema ha da sempre sostenuto il principio generale secondo cui i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge sono deducibili in sede di determinazione del reddito professionale (Cassazione 2781/2001).
L’agenzia delle Entrate, invece, con la risoluzione 79/E del 2002, non condividendo l’orientamento giurisprudenziale, ha affermato che i contributi in esame possono essere dedotti esclusivamente dal reddito complessivo del contribuente in base all’articolo 10, comma 1 lettera e), del Tuir.
La diversa qualificazione dei contributi previdenziali come oneri deducibili dal reddito complessivo piuttosto che come componente negativo deducibile dal reddito professionale incide sull’Irap eventualmente dovuta: soltanto se questi contributi sono qualificabili come costi inerenti all’attività professionale possono concorrere in diminuzione alla formazione del valore della produzione netta.
Di conseguenza, il ritenere tali contributi previdenziali deducibili dal reddito complessivo e non dal reddito professionale porta l’agenzia delle Entrate a recuperare, come nel caso esaminato dai giudici vicentini, una maggiore Irap mediante l’emissione di appositi avvisi di accertamento, laddove il notaio abbia, negli anni di imposta oggetto di controllo, dedotto i contributi dal reddito professionale.
Nell’accogliere il ricorso del notaio, la Ctp di Vicenza ha innanzitutto precisato che, secondo una interpretazione razionale e coerente delle norme tributarie, i contributi in questione sono inerenti e deducibili dal reddito di lavoro autonomo.
La Cassa nazionale del Notariato, infatti, è un’istituzione regolata dalla legge 473/1925 e dalla legge 220/1991, istituita con finalità previdenziale e assistenziale a favore degli esercenti la professione notarile.
Inoltre, i contributi repertoriali sono posti dalla legge direttamente a carico del professionista. Di conseguenza, secondo il collegio vicentino, rappresentano spese inerenti l’esercizio della professione e, come tali, deducibili in base all’articolo 54 del Dpr 917/86 dal reddito professionale, rilevando dunque anche ai fini Irap.