Contabilità

Il perequativo fa i conti con gli aiuti già ricevuti

Nell’istanza attenzione ai limiti comunitari e al confronto dell’imponibile nel caso di passaggio da regime

di Giorgio Gavelli

Con l’emanazione del provvedimento 336196/2021 da parte delle Entrate (si veda «Il Sole-24 Ore» del 0 novembre) – portante il modello di istanza e le istruzioni - e la diffusione della guida sul sito dell’Agenzia, i soggetti interessati hanno tutti gli strumenti per verificare la possibilità di accedere al contributo perequativo e per quantificarne l’importo, in previsione del termine di scadenza delle domande (peraltro già possibili) del 28 dicembre prossimo. Rammentiamo che il contributo spetta a tutti i soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione o che producono reddito agrario, titolari di partita Iva, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, mentre sono esclusi, oltre agli enti pubblici:

gli intermediari finanziari e le società di partecipazione di cui all’articolo 162-bis del Tuir;

i soggetti con partita Iva non attiva al 26 maggio 2021 (con la deroga per l’erede e per tutti gli altri casi di prosecuzione societaria);

coloro che hanno conseguito un ammontare di ricavi/compensi superiore a 10 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019;

coloro che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 entro il 30 settembre 2021 ovvero non hanno presentato la dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 entro il termine ordinario o nei 90 giorni successivi (precisazione del provvedimento rispetto al decreto Mef del 12 novembre scorso).

Non ci sono novità per coloro che, al 30 settembre scorso, non erano nelle condizioni – per vari motivi - di presentare la dichiarazione 2020, che resterebbero fuori.

Bisogna prendere atto che:

occorre avere un risultato economico (o, meglio, un reddito imponibile di periodo al loro delle perdite riportabili, in base al decreto 4 settembre 2021) del periodo d’imposta 2020 inferiore almeno del 30% rispetto a quello 2019;

tale differenziale va nettizzato da tutti i contributi a fondo perduto ricevuti dalle Entrate (o, se del caso, compensati) puntualmente citati nelle istruzioni, prima di applicare la percentuale (variabile dal 30% al 5%) fissata dal decreto per fasce di ricavi/compensi 2019.

Pertanto le difficoltà dei soggetti interessati riguardano due diversi aspetti.

1 In primo luogo va calcolato correttamente il differenziale rilevante, in particolare quando, nel periodo interessato, da un utile si è passati a una perdita o si è aggravata la perdita. La guida dell’Agenzia presenta alcuni esempi, che, nel primo caso considerano il cumulo tra i due importi, mentre nel secondo la differenza tra le due perdite. Sarebbe però stato opportuno un esempio con risultato 2019 pari a zero. Non sono state prese in considerazioni le situazioni (diffuse nella pratica) in cui il soggetto ha cambiato regime e, quindi, l’imponibile è calcolato con regole diverse. C’è, ad esempio, chi è passato da ordinario a semplificato, per cui ha “perso per strada” le rimanenze, con effetti assai rilevanti. L’impressione è che il dato sia da considerare senza porsi troppi interrogativi.

2 Il secondo scoglio è il rispetto dei limiti comunitari agli aiuti Covid, che occupa ben sette delle otto pagine dell’istanza. Sul punto, si è ancora in attesa della pubblicazione del decreto Mef con le modalità di monitoraggio (si veda «Il Sole-24 Ore» del 23 novembre) e di capire chi, quando e come deve versare l’Irap scontata in eccesso nel 2020.

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