Professione

Il professionista non è responsabile se il cliente non comunica i dati corretti

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di Antonio Zappi

Non vi è inadempimento professionale e responsabilità del commercialista per versamenti di imposta omessi dal cliente, se l’erronea elaborazione degli importi dichiarati come dovuti è determinata sulla base dei dati forniti dallo stesso. In altri termini, non si può pretendere un’autonoma attivazione, da parte del professionista, finalizzata ad aggiornare la base dei dati in suo possesso per determinare correttamente il debito di imposta. A tali conclusioni è giunto il Giudice di pace di Taranto, con la sentenza 509/1/2018 depositata lo scorso 8 febbraio, affrontando una questione afferente l’omesso versamento di tributi locali (Ici), ma affermando princìpi che sono dirimenti per individuare limiti e profili della responsabilità contrattuale nel rapporto con la clientela anche in altri ambiti professionali.

Nel caso di specie, tre commercialisti associati venivano convenuti in giudizio e la parte attrice domandava la condanna degli stessi al risarcimento del danno asseritamente derivato dall’accertamento dei tributi omessi e relative sanzioni irrogate dall’ente impositore. Il cliente riteneva sussistesse un diritto alla rifusione per l’erronea elaborazione degli importi dovuti, mentre i commercialisti ritenendo che fosse onere precipuo del cliente informare il professionista delle avvenute modificazioni, respingevano come infondata la pretesa, in quanto il contribuente non aveva comunicato le variazioni dei dati immobiliari per la cui mancata indicazione era stato sanzionato.

La sentenza conferma che il commercialista non è esente da una possibile responsabilità di natura contrattuale nell’ambito di una prestazione d’opera professionale/intellettuale che trae la sua base normativa dagli articoli 2222 e successivi del Codice civile. Infatti, dall’onere di adempiere secondo correttezza e diligenza ben potrebbe anche scaturire il gravame di dover risarcire il danno subito dal cliente nel caso dell’inadempimento, o dell’inesatto adempimento. Si aggiunge, peraltro, che a carico del professionista che si renda colpevole di violazioni di carattere fiscale, accanto alla disciplina civilistica, potrebbe ben inserirsi anche la possibile attribuzione di sanzioni amministrative tributarie ai sensi del Dlgs 472/1997. Tuttavia, secondo il giudice tarantino, incombe sul cliente l’onere di fornire al commercialista tutti i dati utili e le relative variazioni che incidano sulla corretta liquidazione delle imposte, non spettando, invece, al commercialista il dovere di fare ricerche e visure di aggiornamento per verificare dati che non sono nel suo dominio.

In conformità, quindi, a quanto già statuito dalla giurisprudenza di legittimità anche in tema di responsabilità per irregolare tenuta delle scritture contabili di un’impresa (Cassazione, 12463/16), non può essere ritenuto colpevole un professionista che abbia redatto dichiarazioni ed abbia liquidato importi erronei, ma calcolati sulla base dei dati conosciuti per come forniti dal cliente, mai aggiornati dallo stesso con successive comunicazioni.

Nel caso di specie, peraltro, appare rilevante evidenziare come lo studio professionale, prima di redigere le dichiarazioni, avesse richiesto al cliente di compilare dei questionari per la raccolta e l’aggiornamento dei dati da dichiarare, i quali erano stati restituiti in bianco, risultando, quindi, anche provata in atti un’assenza di negligenza ravvisabile in capo allo studio.

In definitiva, quindi, la disciplina del contratto di prestazione d’opera intellettuale non prevede alcun obbligo in capo al professionista volto al reperimento della documentazione del cliente e ciò anche quando la stessa fosse disponibile in banche dati pubbliche, risultando, invece, onere del cliente mettere il professionista nelle condizioni ideali per espletare il proprio compito. Tuttavia, non è secondario ribadire come il commercialista sia riuscito in questo caso a respingere alla radice ogni ipotesi di negligenza anche perché ha dato prova di aver eseguito quella, a volte, sottovalutata attività di richiesta e raccolta dei dati forniti dal cliente prima di inserirli in dichiarazione.

Se, infatti, prima dell’espletamento di ogni incarico vengono assolti adeguati doveri informativi verso il cliente ed i dati da dichiarare sono condivisi con lo stesso in modo da poter far emergere che i contenuti delle dichiarazioni sono riconducibili ad informazioni veritiere e complete fornite dal cliente, sarà meglio respinta qualsiasi successiva velleità di azione risarcitoria per negligenza professionale per conseguenze derivanti dagli accertamenti tributari. L’insorgere di contrasti e divergenze tra consulente e cliente spesso riguarda proprio l’individuazione del perimetro dell’incarico e cioè la demarcazione tra attività incluse, escluse o presupposte nello svolgimento dello stesso, ovvero quelle che sono (o si affermano essere) previste a carico del professionista. Onde evitare qualsiasi contestazione per inadempimenti derivanti da presunte obbligazioni implicite e prodromiche alla stesura corretta di un modello dichiarativo è fondamentale, sotto il profilo probatorio e come confermato anche da questa sentenza, che risulti da appositi questionari e check-list che i dati dichiarati siano stati puntualmente indicati od aggiornati dal cliente. Si pensi, ad esempio, oltre ai dati dei terreni e dei fabbricati ed anche per clienti in regime di impresa, ai dati relativi alla predisposizione dell’inventario, ai dati extra-contabili degli studi di settore, a partite contabili inspiegabilmente aperte eccetera.

Giudice di pace di Taranto, sentenza 509/1/2018

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