Diritto

Il tipo di concordato impone le regole del crawn down fiscale

di Giulio Andreani e Angelo Tubelli

Con l’articolo 88 del Codice della crisi la disciplina della transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo si arricchisce di alcune disposizioni.

Innanzitutto, perché viene introdotto in tale norma l’incipit «Fermo restando quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112, comma 2, con il piano di concordato », il quale letteralmente può essere interpretato sia come derogativo, in caso di transazione fiscale proposta nell’ambito di un concordato in continuità, delle regole successivamente stabilite dal medesimo articolo 88 per il concordato in generale, sia come integrativo di queste ultime. In considerazione dei motivi per i quali è stato introdotto il cram down fiscale, la seconda interpretazione è da preferire. Ne discende che nel concordato in continuità:

in assenza del voto favorevole di tutte le classi, il tribunale omologa comunque il concordato se è approvato dalla maggioranza delle classi, nonostante il dissenso del Fisco, in presenza degli altri presupposti di cui al comma 2 dell’articolo 112, senza dover dar corso al cram down fiscale;

in assenza del voto favorevole da parte della maggioranza delle classi a causa del dissenso del Fisco, il tribunale omologa forzosamente la proposta concordataria, se ricorrono congiuntamente sia le condizioni previste ai fini del cram down fiscale sia quelle stabilite dal comma 2 dell’articolo 112.

Inoltre, il comma 2 dell’articolo 88 prevede che se il concordato è in continuità l’attestatore deve accertare che il trattamento offerto all’Erario non sia “deteriore”, ma non specifica rispetto a che cosa. Letteralmente il confronto potrebbe essere eseguito con il trattamento offerto ai crediti di rango inferiore rispetto a quelli tributari oppure con il trattamento che l’Erario riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. Poiché con riguardo all’omologazione forzosa il comma 2-bis individua quest’ultimo come termine di paragone, per ragioni sistematiche è da ritenersi che nel concordato in continuità anche per l’attestatore sia questo il parametro da considerare.

Infine, il comma 2-bis stabilisce che la omologazione forzosa può essere disposta dal tribunale, anche in mancanza di adesione determinante dei creditori pubblici, quando il trattamento offerto a tali creditori «è conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria». Tale norma non precisa però la differenza fra i due criteri né quando rilevi l’uno e quando l’altro. Quanto al primo profilo la proposta è da considerare conveniente se genera un trattamento concretamente migliore di quello alternativo e non deteriore se l’offerta formulata non è peggiore, pur non essendo migliore, di quella alternativa. Quanto al secondo profilo, pare doversi rinvenire nel comma 2-bis un collegamento con la norma recata dal precedente comma 2 del medesimo articolo, ove la convenienza è prevista con riguardo al concordato liquidatorio e il trattamento non deteriore relativamente a quello in continuità.

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