Diritto

Illegittima l’interdittiva antimafia dopo la condanna per truffa aggravata

Bocciato l’automatismo del Dl Sicurezza per il reato teso ad ottenere erogazioni pubbliche

di Patrizia Maciocchi

È illegittimo l’automatismo che fa derivare dalla condanna per truffa aggravata per conseguire erogazioni pubbliche l’incapacità ad avere rapporti con le pubbliche amministrazioni. La Corte costituzionale (sentenza 178 , redattore Giuliano Amato), rileva il contrasto con la Carta dell’articolo 24 (comma 1 lettera d) del decreto Sicurezza (Dl 113/2018), che ha inserito, nel Codice antimafia (articolo 67, comma 8) anche la truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche (articolo 640-bis del Codice penale). Affiancandolo così ai reati indicati dall’articolo 51 comma 3 bis del Codice di rito penale, per i quali scatta la comunicazione interdittiva antimafia con condanna, anche non definitiva, ma confermata in appello. Scelta - che preclude al giudice la possibilità di un’equa valutazione - sproporzionata e lesiva della libera iniziativa economica. Il reato non ha, infatti, natura associativa e non richiede per la commissione neppure la presenza di un’organizzazione criminale. Ma ha una dimensione individuale, può riguardare anche condotte di minor rilievo ed è punito con pene più lievi, con un tetto di sette anni. Per queste ragioni la rigida conseguenza dell’incapacità giuridica ad avere rapporti con la Pa non è proporzionata né rispetto al carattere del reato né all’obiettivo della norma: contrastare l’attività della criminalità organizzata. L’estensione degli effetti interdittivi crea poi, irragionevolmente, danni notevoli anche alla libertà di iniziativa economica, sia dal punto di vista patrimoniale, sia della “reputazione” imprenditoriale.

La Consulta ricorda che il reato previsto dall’articolo 640-bis era già, ed è, considerato un reato spia oggetto di misure di prevenzione, limitative della libertà economica, previste dal Codice antimafia. La norma censurata si colloca dunque, in modo disarmonico, in un contesto in cui era già assicurata l’azione per prevenire la penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto socio-economico.

I giudici delle leggi estendono la dichiarazione di incostituzionalità della norma anche per la parte in cui inserisce nel Codice antimafia l’articolo 640 del Codice penale (comma secondo numero 1) relativo al delitto di truffa a danno dello Stato, di un altro ente pubblico o dell’Unione europea. Un reato punito con una pena massima di 5 anni, inferiore al limite indicato dall’articolo 640-bis. A maggior ragione dunque il pari “trattamento” rispetto ai reati dell’articolo 51, risulta ancora più eccessivo. E anche in questo caso, malgrado la truffa stessa non rientri tra i reati spia, il rischio infiltrazione mafiosa è fronteggiato con altre previsioni legislative.

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