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Imprese sociali, quota del 70% compensabile in un biennio

Se nel corso di un esercizio non viene raggiunta si può recuperare in quello seguente

di Gabriele Sepio

Impresa sociale: fissati i limiti quantitativi per assicurare il requisito della prevalenza alle attività di interesse generale. Una novità questa che, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 25 agosto del decreto interministeriale 22 giugno 2021, segna un ulteriore importante tassello per la completa attuazione della riforma del Terzo settore.

Nell’ambito della revisione della disciplina in materia di impresa sociale, il decreto legislativo 112/2017 fissa le regole per l’esercizio in via principale dell’attività di interesse generale considerando tale quella per la quale i relativi ricavi sono superiori al 70% di quelli complessivi (articolo 2, comma 3). Con la conseguenza che, in questo modo, all’impresa sociale viene garantito lo svolgimento di attività diverse da quelle di interesse generale nei limiti del 30% dei ricavi complessivi, in base a criteri di computo fissati dal decreto ministeriale 107/2021.

Più nel dettaglio, il decreto interministeriale dello scorso 22 giugno, adottato dal ministero dello Sviluppo economico di concerto con quello del Lavoro e delle politiche sociali, fissando i criteri a cui le imprese sociali devono prestare attenzione, richiede che, ai fini del computo della percentuale del 70%, vengano considerati per ciascun esercizio i soli ricavi generati dal complesso delle attività di interesse generale (articolo 2, comma 1, del Dlgs 112/2017).

Restano, quindi, esclusi da tale computo (sia al numeratore che al denominatore del rapporto) i ricavi relativi a:

O proventi da rendite finanziarie o immobiliari;

O plusvalenze di tipo finanziario o patrimoniale;

O sopravvenienze attive;

O contratti o convenzioni con società o enti controllati dall’impresa sociale o controllanti la medesima.

Attenzione, però: nel caso in cui non sia possibile comprendere se i ricavi si riferiscano alle attività di interesse generale o a quelle diverse, il computo degli importi dovrà essere effettuato in base alla media annua del numero di lavoratori impiegati in ciascuna delle due categorie di attività, calcolati per teste. Si tratta, a ben vedere, di criteri che le imprese sociali, come precisato nell’apposito decreto ministeriale, saranno tenute a rispettare a partire dall’esercizio finanziario successivo alla data di pubblicazione dello stesso e che non troverà applicazione per le cooperative sociali e i loro consorzi.

Fissati, inoltre, gli obblighi nel caso in cui la soglia minima del 70% non venga rispettata nel corso dell’esercizio finanziario. In questo caso, così come previsto dalla disciplina previgente (Dlgs 155/2006) le imprese sociali sono tenute a darne comunicazione entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio al ministero del Lavoro. Mentre per quelle costituite in forma di cooperativa si dovrà provvedere a inviare un’apposita segnalazione al ministero dello Sviluppo economico.

Infine, un aspetto importante da considerare riguarda le conseguenze derivanti dal mancato rispetto della soglia minima prevista dall’articolo 2, comma 3, del Dlgs 112/2017. Un limite, quello del 70%, che se non rispettato per un solo esercizio non comporta l’immediata perdita della qualifica di impresa sociale. Il decreto, infatti, consente la possibilità di mantenere la qualifica nel caso in cui nel corso dell’esercizio successivo si provveda a una compensazione. Il rapporto tra i ricavi relativi all’attività di interesse generale e quelli complessivi, in sostanza, dovrà superare il 70% con un incremento pari alla percentuale non raggiunta l’anno precedente.

Solo in caso di mancata compensazione potrà scattare la perdita della qualifica di impresa sociale con le inevitabili conseguenze.