Il CommentoContabilità

Imprese sostenibili, una sfida da oggi

di Maria Pia Nucera

Il Congresso nazionale Adc (Associazione dottori commercialisti) tenutosi a Napoli il 21 ottobre ha fatto chiarezza sul concetto di “sostenibilità” e sulle opportunità che si nascondono tra le sue pieghe per i commercialisti. Troppo spesso la sostenibilità viene identificata con l’economia circolare e con una migliore gestione degli scarti e dei residui. Aspetti che sicuramente ne fanno parte, ma non sono esaustivi.

La definizione ufficialmente riconosciuta (che prendiamo dal Rapporto Brundtland del 1987) sembra ancora la più corretta: «assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri».

Si tratta di modulare il modello di business in tutte le sue parti per mantenere al minimo l’impatto dal punto di vista ambientale, sociale, economico, politico e dei diritti umani. La sostenibilità non è avversa al profitto, anzi, ne razionalizza i processi, consentendo alle aziende l’ottimizzazione della gestione, integrando le strategie aziendali, puntando al miglioramento delle policy interne ed esterne non per mero spirito pubblicitario o cosmetico, ma per cogliere un’opportunità di business, migliorare le performance, ridurre gli sprechi, ottimizzare le risorse, aprirsi a tecnologie innovative e competitive. In una parola fare buona impresa, non semplicisticamente “impresa buona” a scopo pubblicitario. Quindi sostenibilità è una leva di business. L’obiettivo del congresso Adc era anche fare chiarezza ai dottori commercialisti e aprire il dialogo con le imprese, che sono l’altra parte del tavolo.

Due le norme che hanno impresso un’accelerazione ai percorsi aziendali: la normativa sulla rendicontazione non finanziaria ovvero la direttiva europea 2014/95/ Ue e il Dlgs 254/2016, che ne recepisce i contenuti. Chiudono il cerchio il regolamento Ue relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (EU Sfdr), entrato in vigore il 10 marzo 2021, il regolamento Ue sulla tassonomia 1, che fissa i criteri ambientali specifici relativi alle attività economiche ai fini dell’investimento e che farà parte degli obblighi di informativa rafforzati, richiesti dall’Sfdr dell’Ue2 e gli obiettivi dello European Green Deal.

Il quadro normativo di fatto allarga di molto la platea dei soggetti che si vedranno recapitare questionari bancari per misurare della sostenibilità aziendale; oggi per migliorare il proprio rating bancario, che premia chi fornisce dati ed informazioni di sostenibilità, nel prossimo futuro, per non essere penalizzati.

Per questo, il Congresso è stato articolato in due momenti. Inizialmente cinque speech eccellenti hanno fissato i paletti concettuali fondamentali. I relatori hanno dato voce ai vari mondi economici e istituzionali che dovranno imparare a interagire con efficacia ed efficienza, se vorranno cogliere l’opportunità che si presenta loro ed hanno spalancato le finestre su mondi e modi sostenibili, attuando una carica motivazionale del perché e come scegliere modelli di business di sostenibilità.

Nel secondo momento congressuale tre workshop che hanno fatto il punto sugli strumenti a disposizione dei commercialisti e delle aziende per affrontare questa nuova sfida e le criticità da risolvere.

Per procedere alla rendicontazione e soddisfare le richieste d’informativa degli investitori si lavora a standard internazionali e a stardard europei. L’approvazione definitiva di questi ultimi e l’emanazione dei primi standard è prevista al 30 giugno 2023, mentre il secondo gruppo, che riguarderà le Pmi, per il 30 giugno 2024 e saranno rivisti ogni tre anni.

La distinzione, normativa ma anche, e forse soprattutto politica, rimane tra la normativa americana ed europea. Quella d’oltreoceano rimane concentrata sulle aziende medio grandi e sulle multinazionali. Il panorama di casa nostra invece è molto diverso, dominato da piccole e medie industrie. Se non vogliamo che il nostro sistema sia tagliato fuori, occorre lavorare, anche come commercialisti, per l’applicazione di standard adatti o adattabili, anche alle realtà di media grandezza.

Il Congresso ha anche presentato l’Osservatorio sulla sostenibilità Esg sulle libere professioni, in collaborazione con la società Marketude e con Confprofessioni.

Attraverso una survey diffusa negli studi dei commercialisti e degli avvocati, l’Osservatorio è stato già in grado di diffondere i primi dati elaborati: i risultati del sondaggio evidenziano una categoria comunque molto interessata alla sostenibilità e pronta a coglierne le tante opportunità.

Rimane fondamentale verificare le richieste del mercato e capire la necessità di lavorare in rete: non è pensabile che tutti i commercialisti diventino dei consulenti esperti, ma è necessario che imparino a lavorare in modalità coordinata con colleghi specializzati su tematiche verticali per poter offrire ai clienti tutti i servizi richiesti mantenendo un altissimo livello di competenze.