Diritto

In «Gazzetta» il decreto sulla direttiva Insolvency

In vigore dal 15 luglio insieme al debutto del Codice della crisi; le Entrate chiariscono: segnalazioni su debiti Iva a tutela delle imprese

di Giovanni Negri

Si avvicina il 15 luglio, data fissata per il debutto del Codcie della crisi d’impresa, e intanto approda in «Gazzetta» il decreto legislativo, il n. 83 del 17 giugno 2022, che recepisce la direttiva insolvency, destinato a entrare in vigore il medesimo giorno. Intanto al ministero della Giustizia è in corso di elaborazione un secondo intervento correttivo, non condizionato dal perimetro limitato dalla direttiva, indirizzato all’aggiustamento di alcune questioni formali e poche sostanziali e che comunque verrà verosimilmente formalizzato dopo l’estate.

Dall’Agenzia delle Entrate si sottolinea, in una nota diffusa ieri sera, che sulla base dell’articolo 30 sexies del decreto legge n. 52 del 2021, l’invio delle segnalazioni al contribuente e all’organo di controllo relative agli omessi versamenti Iva superiori a 5.000 euro, a partire dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre, corrisponde all’attivazione di un sistema di allerta a tutela dell’impresa. Toccherà a quest’ultima infatti valutare se necessario l’attivazione della procedura di composizione negoziata per prevenire lo stato di crisi e scongiurare il rischio che sfoci nell’insolvenza.

Il decreto ieri in «Gazzetta» con il pacchetto di modifiche al Codice della crisi, prevede tra l’altro che costituiscono segnali di previsione tempestiva della crisi una serie di elementi:

a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti a patto che rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni.

Uno degli altri punti qualificanti del provvedimento è sicuramente rappresentato dall’introduzione dei piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, che possono prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali, ma essere omologati solo se approvati da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto. Si dispone così una nuova procedura per il debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza, che prevede l’obbligatoria suddivisione dei creditori in classi, basate su posizione giuridica e interessi economici omogenei, e che consente di distribuire il ricavato del piano in deroga al principio del trattamento paritario di tutti i creditori, facendo salvi i diritti dei lavoratori, per i quali il pagamento è sempre assicurato entro 30 giorni dall’omologazione.

Introdotti poi, nelle imprese con più di 15 dipendenti, obblighi di informazione e consultazione con i i sindacati in tutti i casi in cui non è previsto da leggi o accordi collettivi.

Definito anche il ruolo del pubblico ministero nella composizione negoziata, escludendo che la segnalazione al pm possa essere fatta dall’esperto, ma specificando che la segnalazione è possibile in tutti casi in cui nelle trattative si innestano delle parentesi giurisdizionali, da considerate come autonome. Vengono poi rivisti i compensi dovuti agli esperti impegnati nella composizione negoziata, prevedendo negli scaglioni già individuati non più una percentuale fissa sull’attivo, ma in un ammontare compreso tra un minimo e un massimo, con una diffusa possibilità di aumento soprattutto per i primi scaglioni.

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