Controlli e liti

Intimazione di pagamento con prescrizione breve

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di Davide Settembre

I crediti del Fisco si prescrivono nel termine di cinque anni e non nel più ampio termine decennale, previsto dall’articolo 2946 del Codice civile. Ad affermarlo è la Ctp di Treviso con la sentenza 340/03/17 (presidente e relatore Cicero) del 19 luglio scorso, che prende posizione sul punto dopo la recente pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 23397 del 2016).

Il caso esaminato dai giudici veneti scaturiva dall’impugnazione di una intimazione di pagamento (notificata nel 2016) con la quale l’agente della riscossione aveva chiesto il pagamento di varie somme a titolo di Iva, Irap, sanzioni e interessi (in relazione a cartelle notificate dal 2007 al 2009). In particolare, il contribuente, citando giurisprudenza di legittimità, aveva eccepito che il termine di prescrizione delle imposte, cosi come delle sanzioni e degli interessi, fosse quinquennale e non decennale in base al fatto che gli atti impugnati non hanno natura giudiziaria, ma amministrativa. All’opposto Equitalia aveva sostenuto la decennalità della prescrizione, che decorrerebbe dall’esecutività del titolo.

I giudici trevigiani hanno accolto il ricorso, richiamando la recente decisione delle Sezioni unite, secondo cui la mancata impugnazione di un atto impositivo o di un atto della riscossione non permette di convertire il termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale dettato dall’articolo 2946 del Codice civile, sfruttando l’articolo 2953 del Codice (nel quale si legge che «i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni»).

I giudici ricordano che gli atti amministrativi (ad esempio l’atto di accertamento, la cartella, e così via) non sono suscettibili di passare in giudicato, con conseguente esclusione dell’articolo 2953 del Codice civile. Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, avallato dalle Sezioni unite, l’applicazione di tale articolo è riservata solo alle sentenze di condanna o al decreto ingiuntivo. In assenza, invece, di una pronuncia giurisdizionale (come nel caso esaminato) non si può parlare di “giudicato” né formale né sostanziale.

Nel dare ragione al contribuente, la Ctp Treviso “sottintende” quindi che il termine ordinario di prescrizione per Irpef e Irap sia quinquennale, e non decennale (altrimenti non avrebbe senso ipotizzarne la trasformazione). I giudici non citano, però, né la giurisprudenza prodotta dal contribuente (che pure condividono), né una specifica fonte normativa (che è stata ravvisata nell’articolo 2948 del Codice, n. 4, dato che i crediti tributari rientrerebbero nella nozione di «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno», Ctp Avellino 267/2017).

Sulla stessa falsariga della sentenza di Treviso si è espressa anche la Ctr Lazio 1050/12/2017 (pubblicata sul Quotidiano del Fisco del 5 maggio scorso).

Ctp di Treviso 340/03/17

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