Irap dei professionisti: compensi prima spia per «l’autonoma organizzazione»
Le ultime pronunce della Cassazione: basta una retribuzione sopra la media al dipendente per far scattare l’imposizione
Anche nel 2021 la Cassazione è già tornata a definire il perimetro di applicazione dell’Irap, imposta dai contorni sfumati per il mondo delle professioni. Da ultimo la Suprema Corte ha precisato come il pagamento mese per mese di compensi tra avvocati faccia scattare i presupposti per l’imposizione (Cassazione 3865/2021). Ma a “destare sospetti” può essere persino l’importo della retribuzione versata all’unico dipendente.
L’autonoma organizzazione
Le difficoltà di applicazione derivano dalla formulazione della normativa di riferimento, che individua il presupposto impositivo nell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi (articolo 2 del Dlgs 446/1997).
Sono soggette a Irap le imprese, che hanno bisogno sempre di un’autonoma organizzazione per poter operare. Mentre per i professionisti l’applicazione è più incerta; non sempre hanno bisogno di un’autonoma organizzazione, e ciò vale tanto più in un contesto normativo che non reca una puntuale codificazione di questo concetto. Un perimetro sfumato, al punto che una complessiva riforma fiscale non dovrebbe trascurare questa imposta. A una carenza normativa così importante ha sopperito la Cassazione fissando principi cardine.
Le condizioni
Le Sezioni unite hanno stabilito, ad esempio, che il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione;
- impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile;
- o, in alternativa, si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi il livello di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (sentenza 9451/2016).
Nelle ultime sentenze la Corte si è occupata per lo più di avvocati e medici, ma, di fatto, i principi sanciti dalla Cassazione, sono quasi sempre applicabili a tutto il mondo delle professioni.
I dipendenti
Il punto di partenza è l’impiego di lavoratori dipendenti: se il professionista ne ha solo uno, con mansioni meramente esecutive, come quelle di segreteria, allora non sconta l’Irap. Ma se il numero di dipendenti aumenta, o se l’unico dipendente svolge funzioni articolate e complesse, allora scatta l’autonoma organizzazione e quindi l’Irap. A tal proposito, ha destato qualche preoccupazione la Cassazione 19071/2020, con cui è stato stabilito che se i compensi corrisposti dal professionista al dipendente sono elevati si desume che non si può trattare della remunerazione di attività semplici come quelle di segreteria, ma di mansioni più complesse; allora l’Irap è dovuta.
Le collaborazioni
Molto frequente tra i professionisti è l'utilizzo di collaborazioni esterne: in questo caso, l’Irap scatta quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvale, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze (Cassazione 1136/2017) e anche se si tratta del coniuge (Cassazione 10998/2018). Devono essere, però, collaborazioni non occasionali (circolare 45/E/2008, paragrafo 5.4). Ecco perché di recente la Cassazione ha ricordato che se un professionista riceve da un collega le medesime prestazioni fatturate mese per mese, allora sussiste un’autonoma organizzazione e quindi l’assoggettamento a Irap (Cassazione 3865/2021).
I rapporti con l’esterno
Anche la presenza presso uno stesso indirizzo di diversi studi professionali “autonomi” può far scattare l’Irap se i professionisti si corrispondono compensi reciproci (Cassazione 27435/2020). L’imposta è dovuta anche dal professionista che eroga non occasionalmente compensi a società esterne, che svolgono attività strettamente collegata alla sua, come nel caso di una società di infortunistica stradale per un avvocato che si occupa di sinistri stradali (Cassazione 4116/2021), di un centro elaborazione dati per un commercialista (Cassazione 209o/2021) e di studi tecnici esterni per un geometra (Cassazione 10977/2019). Mentre, quando il professionista corrisponde compensi ad altri professionisti o società per attività diverse da quella esercitata, non si pone alcuna conseguenza ai fini Irap (per esempio, il commercialista per il dentista o il perito).
Il perimetro della suprema corte
I compensi elevati
Sconta l’Irap l’avvocato che, per lo svolgimento della sua professione, si sia avvalso dell’impiego non occasionale di società specializzate in infortunistica stradale, retribuite a percentuale, alle quali il professionista abbia erogato elevati compensi
Cassazione 4116/2021
Gli importi mensili
È soggetto a Irap l’avvocato che eroga compensi, fatturati mese per mese per le stesse operazioni, a un altro avvocato
Cassazione 3865/2021
Il rapporto con i costi
Il valore assoluto dei compensi e dei costi, e il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’Irap per un professionista
Cassazione 3448/2021
I servizi connessi
Scontano l’Irap i compensi percepiti da un commercialista, derivanti dall’attività di amministratore della Srl (tecnicamente, il Ced) che fornisce servizi intimamente connessi alla sua attività professionale
Cassazione 2090/2021
Il mandato congiunto
Non deve versare l’Irap l’avvocato che abbia corrisposto elevati compensi a un altro avvocato, se questi sono relativi a un mandato congiunto conferito a entrambi gli avvocati
Cassazione 29206/2020
L’indirizzo condiviso
L’Irap è dovuta dall’avvocato che eroga compensi a un altro avvocato avente lo studio professionale presso lo stesso indirizzo
Cassazione 27435/2020
Le somme elevate
È soggetto a Irap il medico che eroga al suo unico dipendente somme talmente elevate da essere incompatibili con lo svolgimento di mansioni meramente esecutive o di segreteria
Cassazione 19071/2020