Imposte

Iva errata in fattura, sì alla detrazione per operazioni esenti o non imponibili

Necessario che l’imposta sia stata assolta dal cedente e che non ci sia una frode

L’Associazione italiana dottori commercialisti, con la norma di comportamento n. 214, afferma che il diritto alla detrazione compete in tutti i casi di errata applicazione dell’imposta, in misura superiore a quella dovuta, anche quando l’operazione è esclusa, non imponibile o esente da Iva. L’articolo 6, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 471/1997 riconosce il diritto del cessionario/committente alla detrazione dell’imposta che è stata addebitata in fattura «in misura superiore rispetto a quella effettiva». Uniche due condizioni per la detrazione sono che l’imposta sia stata assolta dal cedente/prestatore e che non si verifichi una ipotesi di frode.

L’unica conseguenza dell’errore è la possibile applicazione della sanzione fissa compresa tra 250 e 10mila euro. Aidc interpreta il citato articolo 6, comma 6, in parallelo con l’articolo 30-ter del Dpr 633/72. In particolare, l’articolo 6 consente il diritto alla detrazione e le sanzioni fisse nel caso in cui la procedura di rimborso non possa essere applicata ovvero quando la sua applicazione risulterebbe troppo onerosa, in ossequio al principio di neutralità ed effettività, collocandosi perfettamente in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte Ue. Di segno opposto si pone parte della giurisprudenza nazionale, la quale limita il perimetro applicativo della norma, sostenendo l’operatività solo nel caso di Iva applicata in misura superiore rispetto all’aliquota corretta e non anche in caso di operazione originaria esente o non imponibile (Cassazione 24283/2020). Recentemente, poi, la Suprema Corte si è spinta fino a ritenere che l’Iva sarebbe detraibile unicamente nella misura effettivamente dovuta e non nell’ammontare totale documentato in fattura (Cassazione 10439/2021). Tali orientamenti si prestano a censura vanificando la ratio della modifica operata nel 2017 - fra l’altro con l’attiva collaborazione dell’allora Presidente della Commissione dell’Aidc Paolo Centore - e ponendosi in aperto contrasto con la giurisprudenza europea.

Dalla norma si ricavano solo due condizioni per l’applicazione, la prima prevede che l’operazione non deve avvenire in un contesto di frode fiscale; in tal modo la restituzione garantisce che non si verifichi un’ipotesi di ingiustificato arricchimento in capo all’erario. La seconda che l’imposta sia stata assolta dal debitore d’imposta.

Non essendo previste ulteriori condizioni, non può il diritto alla detrazione essere riconosciuto solo nel caso di errori sulla aliquota. In ipotesi contraria, si causerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti. Inoltre, l’interpretazione restrittiva viola il principio di proporzionalità, in quanto comporterebbe l’applicazione di una sanzione commisurata all’imposta (90% dell’Iva indebitamente detratta), in casi in cui non si verifica alcun danno all’Erario (Corte Ue, sentenza nella causa C-935/19).

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