Controlli e liti

L’accertamento attraverso il redditometro è «standardizzato»

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di Roberto Bianchi

In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dal Dm 10/09/1992 e dal Dm 19/11/1992, riguardanti il “redditometro”, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva e pertanto è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza 30356/2019.
Pertanto, a parere del collegio di legittimità, una volta dimostrata l’esistenza dei fatti su cui si basa l’accertamento sintetico e la correlata presunzione di disponibilità di un reddito non dichiarato da parte dell’Ufficio, è rimesso al contribuente l’onere di provare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore, ovvero che le spese elevate - in conseguenza delle quali l’Amministrazione finanziaria ha ricalcolato il suo reddito complessivo nelle forme dell’accertamento sintetico ai sensi del comma 4, articolo 38 del Dpr 600/1973 - sono state in realtà finanziate mediante redditi soggetti a ritenuta alla fonte, oppure esenti, o provenienti da finanziamenti di terzi, e pertanto legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
La conclusione alla quale giunge la Suprema Corte non convince, in quanto l’accertamento redditometrico rientra a pieno titolo tra le tipologie accertative standardizzate.
È possibile definire accertamento per standard quella tipologia di rettifica che parte da un dato iniziale, solitamente derivante da una estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali, provenienti dall’analisi delle dichiarazioni di un campione significativo di contribuenti. Questo dato tipizzato di partenza necessita tuttavia di un concreto ed effettivo adeguamento alla singola posizione del contribuente che deve realizzarsi, a pena di nullità del successivo atto di imposizione, mediante il contraddittorio endoprocedimentale.
Si tratta del principio stabilito dalla Corte di Cassazione (sentenze, Sezioni Unite, 18 dicembre 2009 n. 26635, 26636, 26637, 26638) per gli studi di settore e per i parametri, per il quale il risultato standard deve essere necessariamente corretto nel corso del contraddittorio, in maniera da rappresentare la specifica situazione del contribuente.
Di conseguenza, la partecipazione di quest’ultimo al confronto costituisce un elemento fondamentale di tale tipologia accertativa, nella quale la caratteristica distintiva risulta essere quella dell’adeguamento, per mezzo del medesimo contraddittorio, del risultato dello standard di partenza alla peculiare realtà del contribuente. Al confronto endoprocedimentale, pertanto, viene riconosciuta la funzione dinamica di efficace correttivo all’astrattezza dell’elaborazione statistica propria degli accertamenti standardizzati.
La Corte di Cassazione, attraverso la sentenza 23554/2012, ha ritenuto, sia pure incidentalmente, che è da annoverare tra le presunzioni semplici anche il nuovo strumento previsto dal Dl 78/2010. Si tratta di un’asserzione particolarmente significativa in quanto inquadra il nuovo strumento redditometrico tra gli accertamenti standardizzati oltre che tra quelli incentrati sulle presunzioni semplici. L’assenza di profili automatici di imputazione stabiliti ex lege del dato standard conduce difatti a escludere la natura di presunzione legale per tutte le tipologie di accertamenti standardizzati.
Le risultanze dell’accertamento massificato costituiscono pertanto dei semplici parametri di riferimento muovendo dai quali l’Ufficio deve sviluppare l’iter logico giuridico necessario a soddisfare l’onere probatorio che risulta a suo carico, oltre a dover motivare adeguatamente l’avviso di accertamento che deve valorizzare le caratteristiche peculiari del singolo contribuente, non potendo rimettersi a un acritico rinvio allo standard di riferimento, considerato che non sussiste alcuna incertezza nel reputare che gli accertamenti per mezzo di standard rientrano a pieno titolo tra quelli fondati su presunzioni semplici «lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti» (articolo 2729, Codice civile).
Nella presunzione semplice, l’inferenza sulla quale la stessa trova legittimazione deve essere provata in giudizio e il correlato onere grava sull’Ufficio che intende trarne vantaggio e che pertanto ha l’onere di dimostrare che il nesso inferenziale tra fatto noto e fatto ignorato riveste i caratteri di gravità, precisione e concordanza. In presenza di presunzioni semplici, pertanto, si torna alla regola ordinaria del rapporto tributario, in base alla quale l’onere probatorio dei fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa tributaria incombe sugli organi dell’agenzia delle Entrate.

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