L’attività svolta nei locali dello studio associato non basta per l’Irap
L’esercizio della libera professione nei locali di uno studio associato non basta a fare presumere l’autonoma organizzazione e il successivo ricupero dell’Irap. Poi la prova dell’omesso utilizzo di beni strumentali superiori al minimo indispensabile e/o dell’assenza di personale dipendente deve essere contrastata dall’Amministrazione con la prova contraria. Così la sentenza 3685/2017 della Cassazione (presidente Iacobellis, relatore Mocci) depositata ieri.
L’amministrazione accerta un dottore commercialista e gli recupera la maggior Irap per il 2005 e 2006. Oltre all’attività ordinaria l’uomo – secondo l’Ufficio - ha esercitato incarichi di sindaco di società e curatore fallimentare. All’interno di «uno studio di 40 metri quadrati» avvalendosi però di beni strumentali «di cospicua entità» appartenenti ad uno studio di dottori commercialisti associati ed avvalendosi così della loro organizzazione.
Il contribuente ricorre in Ctp. Sotto il profilo della prova “positiva”, l’Amministrazione ha soltanto ipotizzato anziché provato che i mezzi dello studio associato fossero anche utilizzati a supporto degli incarichi di sindaco e di curatore, così da costituire l’autonoma organizzazione. Sotto il profilo della prova “negativa” non ha fornito alcuna prova contraria circa l’irrilevanza dei beni strumentali impiegati e l’assenza di personale dipendente ai fini dell’autonoma organizzazione.
L’Amministrazione resiste ma i giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio le danno torto così che essa ricorre ma invano in Cassazione. Per la Corte il fatto di svolgere l’attività professionale all’interno dei locali di uno studio associato non è per il dottore commercialista di per sé unicamente rilevante ai fini Irap.
Questo in quanto, ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione, rileva sempre il preventivo accertamento di non avvalersi, nell’esercizio della libera professione, di beni strumentali superiori al minimo indispensabile e/o di personale dipendente e/o di collaboratori.
Cassazione, sentenza 3685/2017