L’attribuzione del reddito ai collaboratori familiari deve rispettare i presupposti di legge
Nell’ambito delle imposte sui redditi, i proventi scaturenti dall’esercizio di un’impresa familiare devono essere attribuiti ai partecipanti a condizione che si verifichino i presupposti giuridici, disciplinati dal comma 4, articolo 5 del Dpr 917/1986, finalizzati alla qualificazione dei “collaboratori familiari” attraverso l’indicazione nominativa dei componenti del nucleo concorrenti all’attività di impresa e delle quote loro attribuite oltreché dall’attestazione, manifestata nella dichiarazione annuale di ogni singolo coadiutore, di avere operato all’interno dell’impresa familiare.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso l’ ordinanza 12643/2018 , depositata in cancelleria il 23 maggio 2018.
L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Ctr del Lazio che ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio contro la sentenza di primo grado con la quale sono stati annullati gli accertamenti emessi per la ripresa a tassazione di differenti tributi per gli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007. A parere della Giudici della regionale l’impugnazione dell’Ufficio, finalizzata ad affermare che il reddito accertato dovesse essere posto integralmente a carico del titolare dell’impresa familiare, restando in subordine comunque valido l’accertamento per la quota del 51%, è risultata essere infondata in quanto, in presenza di un’impresa familiare, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a imputare i maggiori redditi accertati ai diversi collaboratori, proporzionalmente alle rispettive percentuali di partecipazione ai proventi. Nel caso in esame appariva pacifica la posizione del collaboratore familiare, detentore di una partecipazione ai proventi del 49%, risultando il suo nominativo nell’avviso di accertamento ed essendo stati i suoi conti correnti oggetto di verifica ai fini della formazione dell’avviso di accertamento.
A parere del Collegio di legittimità il ricorso con il quale è stata prospettata la violazione dell’articolo 4 e dell’articolo 5, comma 1 del Dpr 917 del 1986 è fondato in quanto, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema, nell’ambito delle imposte sui redditi, i proventi derivanti dall’esercizio di un’impresa familiare devono essere imputati ai singoli partecipanti a condizione che sussistano i presupposti giuridici, di cui al comma 4 dell’articolo 5 del Dpr 917 del 1986, per la qualifica di questi ultimi come “collaboratori familiari” e pertanto l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa e delle quote loro attribuite nonchè l’attestazione, nella dichiarazione annuale di ciascun partecipante, di aver operato a favore dell’impresa familiare (Cassazione, sentenza 7995/2017).
Nel caso di specie è risultato che la Ctr ha dato per pacifica l’esistenza della collaborazione familiare del coadiutore, parimenti indicando la percentuale della quota posseduta, senza tuttavia verificare la ricorrenza dei presupposti ai quali il ricordato articolo 5 del Dpr 917 del 1986 aggancia il riconoscimento dell’imputazione ai singoli partecipanti all’impresa familiare. A parere del Giudici del Palazzaccio è pertanto risultato palese l’error iuris nel quale è incorso il giudice di appello che non ha tenuto in debita considerazione i sopra richiamati principi enunciati in precedenza dalla Corte Suprema.
Cassazione civile, sezione VI, ordinanza 12643 del 23 maggio 2018