L’individuazione va documentata e motivata
In esclusiva per gli abbonati al «Quotidiano del Fisco» un articolo in anteprima dal Focus di Norme&Tributi «Antiriciclaggio: i nuovi obblighi» in uscita domani con Il Sole 24 Ore
Le verifiche sui titolari effettivi vanno “tracciate”. È il comma 6 dell’articolo 20 del Dlgs 231/2007 a ribadire questo concetto. E ora il Dlgs 125/2019 (in vigore dal 10 novembre) in parte lo modifica, modificato prevedendo che, con riferimento ai titolari effettivi individuati ai poteri di rappresentanza o direzione (come anticipato nell’articolo in alto), oltre alla conservazione delle tracce delle verifiche effettuate andrà anche motivata la scelta dell’opzione considerata.
Per esemplificare, può accadere che il titolare effettivo non sia stato individuato ai sensi dei criteri fissati nei commi dall’1 al 4 dell’articolo 20, data l’impossibilità di applicare i ripetuti criteri, e che quindi si sia ricorsi alla formula che chiamiamo, per comodità, “residuale” del comma 5. In questo unico caso, non essendovi un criterio numerico o logico, il soggetto obbligato dovrà motivare – nei documenti che poi conserverà per ricostruire, in ogni opzione, il percorso seguito nella verifica dell’identità del titolare effettivo – il perché si sia dovuto rivolgere al criterio per differenza. Quindi, titolare effettivo di una società è il legale rappresentante: bisognerà giustificare, in una traccia da conservare, il perché non è stato possibile trovare un diverso soggetto, magari nella compagine sociale.
La titolarità effettiva è considerata, nella riforma dell’antiriciclaggio dal 2007 in poi, una delle informazioni sensibili da raccogliere. Su questo, sia la legge che le istruzioni della Banca d’Italia non lasciano spazio a dubbi. Al di là del fatto che, non si può iniziare un rapporto continuativo, una prestazione professionale o alcunché con la clientela se non vi sono le informazioni obbligatorie a disposizione, tra cui proprio quelle sui titolari della specie, queste vanno monitorate costantemente, sia a seguito delle variazioni comunicate dal cliente, sia attraverso verifiche costanti, soprattutto per le posizioni «a rischio alto», attraverso fonti affidabili e indipendenti.
L’articolo 19 del Dlgs 231/2007 elenca poi alcune azioni minimali da compiersi in fase di identificazione:
●l’esecutore (ossia colui che è cliente o che opera per conto di costui) declina le generalità del titolare effettivo e produce copia del suo documento di identità;
●la presenza fisica del titolare effettivo non è richiesta;
●la documentazione a lui relativa si può produrre alternativamente sia in formato cartaceo che informatico;
●per completare queste operazioni si hanno 30 giorni a disposizione (utili soprattutto quando il titolare effettivo risiede all’estero, oppure quando trattasi di un numero cospicuo di titolari, ovvero ancora quando trattasi di catene di possesso complesse) .
Per i liberi professionisti, è appena il caso di ricordare che i suddetti obblighi scatteranno dalla data di conferimento dell’incarico, e non semplicemente quando il cliente ha chiesto solo una consulenza preliminare per esaminarne la posizione giuridica.
Il titolare effettivo di trust e strutture analoghe sarà comunque ricompreso nelle seguenti figure, non alternative (ove esistenti):
■costituente o costituenti;
■fiduciario o fiduciari;
■guardiano o guardiani;
■altre persone per conto del fiduciario;
■beneficiario o classe di beneficiari;
■altre persone fisiche che esercitino il controllo;
■qualunque altra persona fisica che eserciti, in ultima istanza, il controllo sui beni conferiti nel trust, attraverso la proprietà diretta o indiretta, o attraverso altri mezzi.
Ciò vale anche per istituti giuridici affini (che determinano cioè effetti analoghi, soprattutto la segregazione patrimoniale), quindi di ordinamenti giuridici diversi dal nostro, e per le società fiduciarie.
Le informazioni dovranno essere sempre e comunque prontamente disponibili per le Autorità, in sede di ispezione ovvero di richiesta per approfondimenti. È vero che l’acquisizione potrà avvenire nei trenta giorni che vengono richiesti, in generale per tutti gli elementi dell’adeguata verifica, dall’articolo 18, comma 3, in casi di basso rischio di riciclaggio, che in queste ipotesi, in verità, è difficile da sostenere.