L’inerenza qualitativa si estende anche all’Iva
Il concetto di inerenza, inteso come correlazione di tipo qualitativo fra i costi e l’attività di impresa, che prescinde da valutazioni di tipo quantitativo o utilitaristico, vale non solo ai fini delle dirette, ma anche ai fini Iva. Non rilevando l’aspetto quantitativo dei costi, inoltre, per negare la detrazione non è neppure invocabile il carattere potenzialmente antieconomico dell’operazione sostenuta dal contribuente (salvo che l’anti-economicità non sia talmente macroscopica da far desumere la non verità della fattura). Sono questi i principi desumibili dall’ordinanza 2867/2019 della Cassazione ( clicca qui per consultarla ).
L’agenzia delle Entrate ha contestato la detrazione dell’Iva assolta dal contribuente in relazione ai costi sostenuti per ottenere dalla precedente conduttrice di un immobile ad uso commerciale, il rilascio anticipato dei locali. Ottenuto il rilascio, la società acquisiva in locazione i locali e, dopo averli adattati alle proprie esigenze, iniziava ad effettuare la propria attività commerciale. Sotto la lente la detrazione dell’Iva afferente i costi sostenuti per il rilascio anticipato dei locali, ritenendoli non inerenti, oltre che frutto di un’operazione sostanzialmente abusiva (in quanto anti-economica).
La Cassazione, confermando l’annullamento dell’avviso di accertamento (già disposto dalla Commissione tributaria regionale), ha accolto pienamente la linea difensiva della società, sancendo che la nozione di inerenza, intesa come “correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo”, vale non solo nell’ambito delle imposte dirette, ma anche ai fini dell’Iva.
Anche ai fini Iva, difatti, quanto rileva per la detrazione è che il costo sia sostenuto nell’ambito dell’attività di impresa, senza che esso debba necessariamente incidere sulla produzione di ricavi o che sia congruo dal punto di vista quantitativo.
La Suprema Corte ha poi riconosciuto che tale principio si inserisce nell’alveo della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, per la quale la detrazione dell’Iva sui beni o servizi acquistati, necessaria per assicurare la neutralità del tributo per tutte le attività economiche, deve essere riconosciuta quando i beni o servizi acquistati in qualità di soggetto passivo, vengono utilizzati nell’ambito delle operazioni imponibili del contribuente, sia che sussista un nesso diretto tra l’acquisto a monte e le operazioni che danno diritto a detrazione a valle, sia che tale nesso manchi, ma i costi sostenuti siano parte delle spese generali affrontate dal contribuente (si veda da ultimo Corte di giustizia 22 ottobre 2015, Sveda).
Necessario corollario di tale principio è che l’eventuale anti-economicità delle operazioni, spesso contestata dall’Amministrazione finanziaria, non può avere alcuna incidenza sulla detrazione dell’imposta. Essendo infatti il giudizio di inerenza un giudizio di tipo qualitativo e non quantitativo, se ne desume che l’anti-economicità possa eventualmente essere sindacata dall’agenzia delle Entrate solo quando risulta talmente macroscopica da costituire sintomo di falsità dell’operazione. Circostanza, questa, che nel caso di specie non era minimamente ravvisabile e che era stata comunque già esclusa dalla Ctr.
La decisione in commento si inserisce nel filone inaugurato dalla Suprema corte nel 2018 che ha, dopo anni di incertezze, fornito delle linee interpretative chiare e univoche del concetto di inerenza, ora estensibili anche ai fini dell’Iva, a tutto beneficio della certezza dei rapporti d’imposta, merce ancora troppo rara nel diritto tributario.
Cassazione, ordinanza 2867/2019