Controlli e liti

L’iter per gli irreperibili va attivato solo se si può documentare la ricerca

Non basta attestare di aver appreso che il destinatario si sarebbe trasferito

di Laura Ambrosi

Il messo che non trova il contribuente deve documentare esattamente le ricerche svolte prima di procedere con la notifica prevista per gli irreperibili assoluti. Lo precisa la Cassazione, con l'ordinanza 33616/2022 depositata il 14 novembre.

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un contribuente avverso una cartella di pagamento conseguente a un accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione. Più precisamente, veniva eccepita l'invalidità della notifica del prodromico provvedimento impositivo che veniva confermata da entrambi i giudici di merito.

In particolare, il contribuente aveva trasferito la residenza in altra via dello stesso comune, ma, secondo la Corte di appello, il messo comunale, incaricato della notifica, non aveva dimostrato l'accertamento svolto per reperire il destinatario.

L'ufficio ricorreva in Cassazione lamentando sia un'errata applicazione della norma sia, in ogni caso, che il contribuente non aveva comunicato al Fisco la modifica della propria residenza. La Suprema Corte ha innanzitutto ribadito che, quando il notificatore non reperisca il contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, deve svolgere adeguate ricerche prima di procedere con la notifica secondo la disciplina degli irreperibili assoluti, come da articolo 60, lettera e) del Dpr 600/1973. Sull'espletamento delle ricerche, nessuna norma prescrive quali attività vadano svolte, tanto meno con quali espressioni verbali e in quale contesto va documentato il risultato di tali ricerche.

Tuttavia, secondo un indirizzo unanime della Cassazione, il requisito imprescindibile è che emerga con chiarezza che le ricerche siano state effettuate, che siano attribuibili al messo notificatore e che la notifica sia riferibile al provvedimento oggetto di verifica.

Il messo notificatore deve così preliminarmente riscontrare che nel comune del domicilio fiscale del contribuente non esista alcuna abitazione, ufficio o azienda, ossia che manchino dati ed elementi oggettivamente idonei per notificare altrimenti l'atto.

A tal fine, è peraltro insufficiente che il trasferimento in una località non nota sia stato affermato dal custode del precedente domicilio fiscale (Cassazione, sentenze 6765/2018 e 19958/2018).

Nella specie, il messo aveva certificato l'assenza di abitazione, ufficio o azienda e che da informazioni assunte sul posto il contribuente risultava trasferito.

Tuttavia, mancava qualunque elemento delle ricerche svolte in ordine all'effettività dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda, peraltro dinanzi al fatto che svolgesse la propria attività nello stesso Comune. Da qui la conferma della decisione di merito.

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